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Non ho mai ucciso un ebreo. Distorsione della realtà e devozione all'ubbidienza in Adolf Eichmann
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Non ho mai ucciso un ebreo. Distorsione della realtà e devozione all'ubbidienza in Adolf Eichmann - Fiorenza Loiacono - copertina
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Non ho mai ucciso un ebreo. Distorsione della realtà e devozione all'ubbidienza in Adolf Eichmann

Descrizione


Attraverso l'analisi di una serie di documenti, questo testo dimostra come una condizione di distorsione della realtà e di devozione all'ubbidienza permisero a Adolf Eichmann di organizzare le deportazioni degli ebrei europei verso i campi di sterminio senza considerarsi responsabile della loro morte. Sostenuto da un processo di distanziamento e di negazione della realtà, infatti, Eichmann riuscì a neutralizzare le proprie incertezze e i propri conflitti di coscienza rispetto al genocidio ebraico, una condizione che confermerebbe l'idea di Hannah Arendt secondo cui Eichmann non era presente a se stesso nel compiere i propri crimini. Ciò spiegherebbe perché egli fu sempre convinto di non aver mai ucciso nonostante l'evidenza dei fatti. Questa condizione di distorsione della realtà avallerebbe dunque la tesi arendtiana sull'incapacità di Eichmann di pensare alle conseguenze delle proprie azioni e confuterebbe le varie tesi volte a decostruire il concetto di "banalità del male".
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Argomenti

Dettagli

2019
5 settembre 2019
Libro universitario
100 p., Brossura
9788857556055
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