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La Nussbaum in questo libro denso spiega alla perfezione in quale modo le materie umanistiche diano un contributo determinante alla formazione di individui consapevoli e creativi. Una lettura stimolante cui dovrebbe dedicare un po' di tempo chiunque si occupi direttamente o indirettamente di istruzione o si preoccupi per la formazione dei giovani o dei propri figli.
Recensioni
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Agli studenti che mi interrogano sulle prospettive di lavoro che li aspettano dopo la laurea, rispondevo una volta citando un articolo che mi è capitato di leggere sul "Corriere della sera" nella primavera del 2005. L'autore era un illustre economista, Francesco Giavazzi, che raccontava come un banchiere londinese gli avesse confidato i criteri di reclutamento delle nuove leve nei settori più delicati della sua banca: porte chiuse ai laureati in economia e in giurisprudenza, e porte spalancate a laureati in materie umanistiche, soprattutto se classicisti. Perché mai, si domanderà il lettore stupefatto: la ragione era che mentre i primi risultavano prigionieri di modelli di ragionamento rigidi e prefissati, i secondi disponevano di una flessibilità mentale che li predisponeva ad affrontare qualunque situazione inaspettata con libertà di immaginazione e con sostanziale equilibrio.
Ho detto "rispondevo", al passato, perché ora non sono più così ottimista, e la ragione me la spiega un libretto di Martha C. Nussbaum (Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, introd. di Tullio De Mauro, pp. 160, 14, il Mulino, Bologna 2011), che dovrebbe diventare lettura obbligatoria per i funzionari del Ministero dell'Istruzione (Gelmini in testa), per i docenti della scuola e dell'università e per i nostri serafici politici: "Ci troviamo nel bel mezzo di una crisi di proporzioni inedite e di portata globale. Non mi riferisco alla crisi economica (
) mi riferisco a una crisi che passa inosservata, che lavora in silenzio, come un cancro; una crisi destinata ad essere (
) ben più dannosa per il futuro della democrazia: la crisi mondiale dell'istruzione. Sono in corso radicali cambiamenti riguardo a ciò che le società democratiche insegnano ai loro giovani (
) Le nazioni sono sempre più attratte dall'idea del profitto; esse e i loro sistemi scolastici stanno accantonando, in maniera del tutto scriteriata, quei saperi che sono indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza si protrarrà, i paesi di tutto il mondo ben presto produrranno generazioni di docili macchine anziché cittadini a pieno titolo, in grado di pensare da sé, criticare la tradizione e comprendere il significato delle sofferenze e delle esigenze delle altre persone. Il futuro delle democrazie di tutto il mondo è appeso a un filo".
Per restare per un momento fra le cose di casa nostra, parole come queste dovrebbero mettere in guardia contro la vulgata di opposizione ai recenti provvedimenti su scuola e università: i tagli finanziari al nostro sistema educativo, spesso al centro della polemica, non sono che lo strumento di una politica organica e premeditata di riduzione della democrazia così come la concepisce la Costituzione, insieme alle costituzioni dell'Occidente e del resto del mondo, tradizionalmente sollecite verso la formazione dei cittadini, ma ora messe in discussione. Per Nussbaum "le capacità intellettuali di riflessione e pensiero critico sono fondamentali per mantenere vive e ben salde le democrazie", eppure "gli studi umanistici e artistici vengono ridimensionati, nell'istruzione primaria e secondaria come in quella universitaria, praticamente in ogni paese del mondo. Visti dai politici come fronzoli superflui, in un'epoca in cui le nazioni devono tagliare tutto ciò che pare non serva a restare competitivi sul mercato globale, essi stanno rapidamente sparendo dai programmi di studio, così come dalle teste e dai cuori di genitori e allievi".
La filosofia morale di Martha Nussbaum non ha bisogno di presentazione per il pubblico italiano, che la conosce attraverso un'impressionante serie di libri, fra cui Il giudizio del poeta. Immaginazione letteraria e vita civile (Feltrinelli, 1996), L'intelligenza delle emozioni (il Mulino, 2004; cfr. "L'Indice", 2004, n. 12), Coltivare l'umanità. I classici, il multiculturalismo, l'educazione contemporanea (Carocci, 2006), Le nuove frontiere della giustizia (il Mulino, 2007; cfr. "L'Indice", 2008, n. 5), ampi studi che convergono verso quest'ultima "denuncia" e "invito ad agire", che li riprende e articola in più punti, non abbandonando mai la presa: la svalutazione dei saperi umanistici è parte di una politica premeditata e totalizzante, alla stessa stregua e nello stesso sistema delle pratiche del capitalismo speculativo, del liberismo antiliberale, del monopolismo informativo, delle cricche corruttive, e di slogan tipo "con la cultura non si mangia" nient'altro che l'eco casereccio di un sempre più incalzante coro globale. La conseguenza (non detta, ma facilmente estrapolabile): da questa situazione non si esce se non sforzandosi di trovare collegamenti con il resto del mondo, e scambiando esperienze e iniziative con che vi nutre le stesse idee e le stesse esigenze, per proporre una generale revisione delle politiche oggi in atto.
Ed è proprio questo che fa Nussbaum, istituendo un confronto fra le pratiche educative principalmente degli Stati Uniti e dell'India, ma parlando molto anche dell'Europa e implicitamente dell'Italia, dove la sua diagnosi colpisce i nuclei vitali dell'attuale azione di governo. Scopriamo così che le tradizioni di paesi pur lontani e culturalmente eterogenei si sono notevolmente avvicinate in passato proprio nell'applicare, con Tagore, Dewey e altri educatori illuminati, il metodo socratico per educare l'individuo al ragionamento indipendente, alla critica dell'esistente, all'assunzione di responsabilità, al riconoscimento dell'altro e alla condivisione dei suoi bisogni, all'apprezzamento della bellezza, e a rifuggire da tutto quanto è chiusura, esaltazione dell'io, rifiuto del confronto, localismo, pregiudizio di gruppo; e scopriamo altresì quanto, nell'arco degli ultimi decenni, questa convergenza virtuosa di sistemi diversi si sia rarefatta, e gli obiettivi originari dispersi, sotto l'incalzare di uno scopo unico, il profitto ottenuto qui e ora, con qualsiasi mezzo, come unico orizzonte di un agire e "inculcare" informazioni senza prospettive.
Non è un caso che dall'America provenga oggi un poderoso invito all'educazione interclassista, interculturale e interreligiosa: l'appello di Nussbaum non è un volo di fantasia, perché a lei, a casa sua, tale prospettiva appare ancora aperta. E invece, tanto per parlar chiaro, essa è ridotta al lumicino a casa nostra, al punto di affidarsi a una tradizione singolarmente ancora combattiva ma estenuata, e sempre di meno a un concreto, e solidale, e crescente corpo di opinione. Non perdiamo tempo a nominare le insidie che quotidianamente la indeboliscono e irridono, ma una cosa va espressamente indicata: la manipolazione e l'inquinamento del discorso civile hanno raggiunto da noi un tale livello da precludere anche la semplice comprensione degli oggetti di tale discorso (già vedo i sorrisi di sufficienza dei nostri "esperti" di fronte alla concretezza e all'assenza di retorica nel libro di Nussbaum). Parlando di democrazia, educazione, responsabilità, giustizia, la nostra comunicazione pubblica sta praticando significati doppi, registri svianti che confondono e fanno apparire realtà ciò che è solo invenzione e improvvisazione, e che educano a un solo obiettivo, l'indifferenza, il cinismo verso tutto e verso tutti. Questa è una crisi ulteriore rispetto a quella dell'educazione segnalata da un'intellettuale americana: sulla china della decadenza noi siamo all'avanguardia rispetto al resto del mondo occidentale.
Franco Marenco
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