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Non si parla mai dei crimini del comunismo
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Non si parla mai dei crimini del comunismo - Gianluca Falanga - copertina
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Non si parla mai dei crimini del comunismo

Descrizione

Davvero non si parla mai dei crimini del comunismo? Davvero nessuno ha mai sentito parlare dei milioni di morti prodotti da questa ideologia? Eppure sono stati scritti ‘libri neri’, fondati istituti di ricerca, istituiti musei ed eretti monumenti per ricordare queste vittime. Allora, forse, si tratta di parlarne seriamente.


«Nessuno parla mai dei crimini del comunismo!»: sul serio? Dagli eccidi perpetrati dai bolscevichi al massacro di Piazza Tienanmen a Pechino, i crimini dei regimi comunisti o sedicenti tali non sono mai stati sconosciuti, anche quando si è provato a tacerli o negarli; hanno accompagnato la storia del secolo scorso come un'ombra cupa e assillante, condizionandone il corso. Oggi, oltre 5000 monumenti, musei e memoriali sparsi per il mondo, istituti di ricerca, fondazioni, associazioni di ex prigionieri politici e una letteratura vastissima testimoniano che non esiste alcuna congiura del silenzio a oscurare le violenze commesse in nome della società senza classi. Il problema, in verità, è più serio. Se è vero che in tutti gli Stati comunisti, dall'Urss alla Cina, dall'Angola al Vietnam, dall'Albania a Cuba, si sono riprodotti i caratteri di una violenza che ha la sua matrice nella qualità totalitaria del progetto leninista, dobbiamo capirne le specificità al di là di semplificazioni faziose e di sciocche equiparazioni. Questo libro smentisce immaginari e luoghi comuni di quello che, nel bene e nel male, è stato il più vasto movimento politico del mondo contemporaneo.
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Dettagli

2022
3 marzo 2022
240 p., Brossura
9788858147474

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Luca
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è vero che in Italia non se ne parla

In realtà è verissimo che in Italia non si parla quasi mai dei crimini del comunismo: la letteratura al riguardo esiste ma è iperspecialistica e pubblicata quasi sempre da case editrici minori. Già negli anni Venti-Trenta esistevano racconti di esuli russi a proposito della violenza quotidiana, spicciola (aggressioni teppistiche, omicidi, torture, stupri verso gente comune, non verso chissà quale pezzo grosso, percepita come odiosa solo perché più civile e istruita della plebaglia), in Russia a partire dal 1917.: ma tutto ciò venne rimosso grazie alla propaganda comunista staliniana. Ciò che però sfugge a Falanga è che i comunisti non "lottavano contro le ingiustizie", come ingenuamente riporta (e chi decideva che cosa fosse giusto e che cosa no? Ammazzare il cosiddetto o presunto nemico di classe era giusto?): lottavano per impadronirsi del "Potere", con tutto ciò che ne consegue anche in termini etici. Chi non concepisce la vita come lotta per il Potere e mossa da istinti materiali non può riconoscersi nel comunismo. E gli operai nei Paesi comunisti vennero rapidamente sfruttati, come la Polonia insegna. Quanto al militante comunista italiano tipico, in genere credeva che in Russia vi fosse una sorta di paradiso terrestre. Quando al tempo di Gorbaciov si capì definitivamente la realtà, molti militanti si arrabbiarono: "I nostri capi sapevano tutto e ci hanno ingannati".

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