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Leggere Daria Bignardi per me è sempre un’esperienza quasi catarchica. Attraverso una prosa curata nei dettagli, ma scorrevole ci accompagna nei meandri dei suoi sentimenti, delle sue paure che spesso si sovrappongono ai nostri. Non vi lascerò orfani si svolge tra Milano , Ferrara e zone circostanti. Improvvisamente muore la mamma di Daria e iniziamo con lei un viaggio nel passato, nella storia della famiglia e dei rapporti tra madre e figlie, tra sorelle. Mi ha colpito perché non dà molto spazio alla tristezza, piuttosto al ricordo e non solo delle cose belle, alla nostalgia del tempo passato, alla storia della famiglia e dei luoghi.
E’ una storia di famiglia, la famiglia di Daria Bignardi, che racconta attraverso i suoi ricordi ciò che più ha lasciato il segno nella sua infanzia e adolescenza. Il racconto è un po’ lento e a tratti un po’ noioso, forse perché è stato scritto in seguito alla morte della madre più per elaborare il momento che per intrattenere il lettore. La sensazione è che il libro sia stato scritto per sé o per lasciare una testimonianza ai propri figli.
Il romanzo parte dall'improvvisa e inaspettata scomparsa della madre dell'autrice. Da questo tragico evento si sviluppa un racconto fatto di ricordi di storie familiari vicine e lontane nel tempo. Penso che, nonostante questo sia anche un romanzo familiare, nei personaggi e nelle loro vicissitudini ci sia la possibilità di riconoscersi. La sua famiglia e i suoi cari hanno tratti che possono risultare infatti simili e comuni a quelli dei nostri parenti più lontani o più prossimi. La scrittura della Bignardi è sempre perfettamente chiara, a tratti asciutta. Mi ha stupito, nonostante i temi affrontati, la totale assenza di pomposità nello stile narrativo, un aspetto che ho davvero apprezzato.
Recensioni
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Una sciabolata nel cuore. Con queste sole quattro parole Daria Bignardi riesce pienamente a dare l’idea di cosa significa perdere la propria madre. La giornalista ferrarese esordisce nel mondo dell’editoria con “Non vi lascerò orfani”, un breve ma intenso libro autobiografico che l’autrice ha scritto per incanalare tutte quelle emozioni che si riescono a provare solo alla morte del proprio genitore.
Subito dal primo capitolo “Orfani adulti”, il lettore ha la possibilità di entrare nella sfera intima dell’animo della scrittrice, che si offre al pubblico, forse per cercare conforto, forse per riuscire a superare il dolore attraverso la scrittura.
È evidente la differenza che si trova tra il primo capitolo e i successivi sedici. All’inizio Daria Bignardi riversa la sua sofferenza e il suo senso di perdita in maniera quasi impetuosa, rendendo partecipe chi legge: è quasi impossibile non sentirsi toccati dalle parole dell’autrice. Seguono poi capitoli descrittivi, apparentemente freddi e distaccati, se paragonati alla foga e al sentimento che li precede. È così che la scrittrice cerca di difendersi dall’assenza della madre: perdendosi nei racconti della sua infanzia e nelle storie che pagina dopo pagina ci presentano tutta la sua famiglia. Questo velo di impersonalità è intervallato da brevi istanti in cui Daria Bignardi riflette sulla morte in generale o su come si siano evolute la sua personalità e quella della madre negli anni. In questi momenti sembra che le difese di della scrittrice cadano, facendo scorgere quella parvenza di malinconia che all’inizio era così preponderante.
Parlando con naturalezza della sorella Tella, del papà Vico e della mamma Gianna, l’autrice arriva a coinvolgere il lettore di “Non vi lascerò orfani”, facendolo sentire quasi uno di famiglia. La scelta di inserire dialettismi e modi di dire intensifica la sensazione di riuscire ad entrare in confidenza con i vari personaggi, anche se all’inizio sembrano rendere leggermente difficoltosa la comprensione de testo. La familiarità dell’atmosfera è infine creata anche dalla colloquialità della narrazione, molto fluida e priva di espedienti e artifizi.
Un libro da leggere tutto d’un fiato, nel quale riconoscersi ed emozionarsi, perché quando il momento della sofferenza diventa il momento del ricordo non ci si sente più orfani, ma parte di una storia di famiglia.
di Elisa Bassani
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