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Non và al di là del suo piccolo mondo di Bologna. Ma come lo fa bene...
Lo stabile cadente e abbandonato di via del Pratello, a Bologna, ai numeri civici 76 e 78 diviene una realtà brulicante di vita e di umori nel momento in cui viene occupato, in un primo tempo dal protagonista e dagli amici Leo e Rigoni, e infine, sparsasi la voce, da altri sbandati provenienti un po' da ogni parte, perfino dalla Sardegna e da fuori Italia: un'umanità ai margini, che nel vicino Bar di Lele ha un punto di ritrovo e di riferimento. Spesso alcuni scompaiono e non se ne sa più niente. Poi all'improvviso rieccoli al bar, quasi sempre mutati nell'aspetto, provati chissà da quale altra terribile esperienza. La storia si nutre di questi ricordi del protagonista, un musicista come lo è l'autore, rievocati come un amarcord e accompagnati da una scrittura che dopo i primi assestamenti se ne scorre via in modo assai piacevole. Scrive l'io narrante, che si chiama Mimì: "Rievoco questi anni trascorsi insieme, ben sapendo che non può essere l'affetto, né la compassione che mi spinge a farlo, ma qualcosa di cui non riesco a capire esattamente il motivo. Forse è il terrore di vedere le cose marcire." Così, a poco a poco, viene componendosi una galleria di personaggi segnati da paure, menomazioni della mente e dell'anima, frustrazioni, ossessioni. Una specie di corte dei miracoli che sopravvive alla durezza della sorte con furbizie, sotterfugi, truffe, piccole violenze, sogni e, in realtà, si chiude e si sfinisce nei suoi tormenti. Pietro Zaccardi è un randagio che con un'Ape si guadagna la vita facendo sgomberi, e il suo terrore è quello di trovarsi un giorno derubato del suo gruzzolo nascosto, Leo teme la solitudine e si mette in testa di fare di Mimì un personaggio capace di emergere da quel fango, allo scopo di tenerlo sempre legato a sé, Mauro Rigoni raggira il prossimo tutte le volte che gliene capita l'occasione. La scrittura cresce, si arricchisce di plasticità, disegna fisionomie che diventano palpabili anche nei personaggi minori, come il ricco Nini, amico un tempo di Rigoni; il pianista del "Cabalà"
La prima edizione di questo romanzo e' del Settembre 2001. L'ho letto poco dopo l'uscita.Poi, dovendolo recensire me lo sono riletto al bar, davanti a una bionda birra come quelle delle famose osterie di Via del Pratello. L'inizio della letteratura interattiva, concetto forse degno di essere sviluppato in futuro.La storia, per quello che so e' sicuramente autobiografica. L'ambientazione e' a Bologna durante i primi anni'90,dove alcuni personaggi vivono una vita poeticamente drop-out, sgomberando cantine e solai in una citta' divisa in due parti: una zona bianca (i "colli") dove ci sono i soldi e oggetti di un qualche interesse, e le periferie, dove ce ne sono meno. Ci sono i bar, le case occupate, le birre, un'esperimento di Tv dal basso chiamata Tele Pratello.Una festa finale del quartiere, segnera' la fine di uno stile di vita e della magica atmosfera che in realta' secondo me Via del Pratello continua parzialmente a mantenere. ..Ma chiudendo con l'autore: "La verita' in fondo non interessa piu' a nessuno.Conta molto di piu' stupire chi non c'era."
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