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Anno edizione: 2005
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In questo libro viene interpretato il pensiero di Leopardi con il linguaggio peculiare di Severino, prima di Nietzsche Leopardi è il filosofo del nichilismo, ogni cosa dall’uomo agli universi esce dal nulla e prima o poi vi rientrerà. Questo fatto porterebbe all’estremo egoismo, che leopardi chiama “la noia”, perché non c’è nulla di eterno, nessun premio o punizione, solo l’angoscia per il futuro. Ma c’è un’altra strada, quella della poesia, che si innalza sul nulla consolandolo, la poesia è come la ginestra che cresce sulle aride sponde del nulla –vulcano, ma vi spande il suo profumo di estrema illusione. Il poeta “sa la verità, ma è come se non la sapesse”, e questo consola e unisce gli uomini in una comunione “contro” il nulla. Libro affascinante, solo nelle ultime righe Severino parla del suo tema costante, della necessità di superare la “follia dell’occidente”, cioè la fede nel divenire, che considera l’inconscio stesso dell’occidente, e che agisce costantemente e oscuramente dal tempo dei filosofi greci fino ai giorni nostri, per ora si limita solo sommessamente ad accennare alla non evidenza del divenire, prospettando ulteriori sviluppi nel successivo volume “Cosa arcana e stupenda”, nel quale continua l’analisi del pensiero di Leopardi (alla luce del suo).
Monumentale è il solo aggettivo che mi viene in mente per questo capolavoro. Il più grande filosofo della contemporaneità (non me ne vogliano i nietzschiani, ma Leopardi fa apparire il tedesco, pur grandissimo, alla stregua di un dilettante) presentato in una maniera sublime da un grande maestro. Eccezionale, uno dei più grandi saggi che ho letto.
Noi conosciamo e studiamo Leopardi come la critica novecentesca ce l'ha raccontato: il poeta "progressivo" e dei "pessimismi". Possiamo ben dimenticarci di un simile poeta, se non ne cogliamo l'essenza grazie agli studi di Severino, che riporta in luce autentica la visione filosofica di Leopardi come DeSanctis e Benni non hanno saputo fare. Grazie a un Leopardi letto senza filtri, lasciato parlare, emerge una grandezza e potenza speculativa che a tratti raggiunge Nietzsche, altra vetta del nichilismo, ma che lo batte in termini di tempo. Leopardi ben prima del filosofo tedesco concluse che "é morto Iddio". Leopardi ben prima di Nietzsche parla di una Volontà di potenza, e la chiama col simbolo della Ginestra. Chi voglia, insomma, chiarirsi le idee su un Leopardi nuovo alla critica e agli schemi tradizionali, scoprirà un personaggio straordinario che ha ancora molto da dirci, grazie al tramite Severino, che mostra con la sua salda coerenza e vis critica il volto profondo di un genio inattuale al suo tempo.
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