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Gli occhi della lince è l’ottavo capitolo della potente saga Millennium, uno dei più clamorosi fenomeni editoriali degli ultimi decenni, con oltre cento milioni di copie vendute in tutto il mondo. I libri firmati da Karin Smirnoff rinnovano l’epopea di Lisbeth Salander e Mikael Blomkvist, riprendendo i temi cari a Stieg Larsson, che l’ha creata, e allargandone i confini.
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Molto deludente. Cominciamo dai protagonisti: Michael Blomkvist è ormai una figura secondaria, un veccchio nonno che non partecipa più alle indagini, quasi somparso in questo volume; Lisbeth è praticamente la badante della nipote, e pur partecipando più di Michael allo svolgimento dell'azione ha ormai perso la sua genialità e la sua originalità. La scrittura è prolissa, piena di rimandi al passato, spesso la narrazione è faticosa , ci sono personaggi inverosimili come assassini spietati che diventano protettori dei deboli.
Non c'è dubbio che la saga Millennium è sopravvissuta al suo creatore. Le vicissitudini dei protagonisti tengono ancora i lettori incollati al libro, almeno per quanto mi riguarda. La scrittrice invece fa di tutto per renderti faticosa la lettura. Ha uno stile piuttosto criptico, spesso ti costringe ad andare indietro per capire chi, di chi o cosa sta parlando, molto spezzettato. Insomma, a voler essere gentili, se la saga fosse nata con lei non credo avrebbe avuto successo. Per dirla tutta, il libro è scritto veramente male. Povero Stieg Larsson.
Recensioni
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