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E' bello riuscire ad aggiungere ogni tanto un piccolo tassello al grande puzzle di Friedrich Glauser.
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Con questo volume nel quale Gabriella de' Grandi da un ventennio traduttrice di Friedrich Glauser ha raccolto alcuni testi autobiografici paradigmatici Casagrande prende il testimone da Sellerio il precedente editore italiano del Simenon svizzero. I tre racconti qui proposti non sono in sequenza secondo le date di composizione ma ricostruiscono la parabola esistenziale del loro autore.
Così aprendo Gli occhi di mia madre ci si imbatte nel racconto scritto per ultimo In quegli anni a Vienna consegnato nel novembre 1938 pochi giorni prima della scomparsa e che ci riporta all'infanzia di Glauser nato a Vienna nel 1896. Ne seguiamo le vicende fino al 1902 anno della morte della madre la cui perdita precoce doveva irrimediabilmente segnarlo gettandolo nelle mani di un padre autoritario e oppressivo. Come bolle cangianti ricordi di fatti che sembravano eclissati riemergono per produrre i loro effetti a distanza di tempo e allora si cerca di liberarsene scrivendo; pratica analoga a quella dell'allora nascente psicoanalisi la quale agisce alla maniera di un cavatappi estraendo i complessi come denti cariati dice Glauser con un misto di ironia e scetticismo. Eppure al professor Freud stesso fa riferimento in Oltre il muro il raccontino viennese L'incrinatura del vetro che inizia con l'improvviso bisogno del protagonista di rievocare la propria infanzia. Della tecnica psicoanalitica ha qualcosa il primo testo della raccolta giocato su una serie di associazioni più o meno libere andando qua e là fra gli episodi narrati (con salti temporali ben oltre il 1902) alternati a relative considerazioni e fantasie. Ecco il fischio di un treno (il ricordo più antico) la cameriera Frieda piangente licenziata l'inspiegabile sentimento della paura (Nessuno potrà mai spiegare perché la paura incominci improvvisamente a crescere e a dissanguarci quando siamo al sicuro) la madre con la vestaglia rossa o nel costume bianco di Pierrot il timore per il padre la scoperta del tempo i legami familiari intricati con un nonno cercatore d'oro in California e con il bambino orfano che si sposta di luogo in luogo fra Austria Svizzera e Germania fino a Firenze.
è ormai giovane invece il protagonista di Un ladro che narra dell'arresto dello scrittore a Bellinzona nel 1920 (la stesura è del 1923) per il furto di una bicicletta: alla conseguente crisi nervosa in carcere dovrebbe seguire il ricovero in manicomio evitato grazie all'aiuto di una ragazza. Un salto di tre anni separa poi gli eventi di Nel buio scritto però nel 1936: dopo il ricovero nella clinica psichiatrica la ricaduta nella dipendenza da morfina il servizio nella Legione straniera Glauser va a Parigi. Da qui parte questo terzo racconto che parla dei mesi passati a lavare piatti in un albergo della capitale francese e quindi della fuga dopo un furto di denaro in Belgio per lavorare in miniera a Charleroi.
In tutto questo Glauser per dirla con Hermann Hesse si rivela un buon osservatore e narratore. Ciò che stupisce come nota nella postfazione la curatrice è la prosa diretta e piana degli scritti a confronto di una vita allucinata e catastrofica pur essendo quella vita e quell'opera strettamente intrecciate. Se alla scrittura ci si affida per consegnarle la vita e in qualche modo liberarsene come scrive Glauser nello stesso tempo come osserva la curatrice quella scrittura è pure per il narratore svizzero l'unico ponte per raggiungere un mondo dal quale l'esistenza lo ha separato.
Enzo Rega
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