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recensione di Alleva, En., L'Indice 1998, n.10
Tradurre oggi questo libro, scritto nel 1960 da Roger Caillois - fondatore con Georges Bataille del Collège de Sociologie, studioso della mitologia e del sacro, non uno specialista di questioni evolutive - ha il sapore forse della provocazione. È un sasso gettato nello stagno del darwinismo già agitato da inquiete correnti di superficie - la contrapposizione tra gli adattazionisti ferventi (coloro che leggono con ottimismo una storia di funzionalità evolutiva dietro ogni struttura o comportamento) guidati da Richard Dawkins e quelli, più moderati, rappresentati da Richard Lewontin e Stephen Jay Gould. E si tratta di un sasso che, dello stagno, agita il fondo, smuovendo concetti e idee decantati e sedimentati da tempo, ma tale da nutrire annose e insopibili polemiche. L'idea che permea l'intero libro è l'importanza delle "scienze diagonali", vale a dire lo studiare i fenomeni naturali cercando di afferrarne i processi, piuttosto che le relazioni tra gli elementi (in campo biologico, le filogenesi, ovvero le vie percorse dall'evoluzione). Secondo Caillois "la complessità stessa è creatrice di legami". A dimostrazione dell'importanza dei processi, e del proprio gusto per la provocazione, egli muove una sostanziale critica a Leonardo da Vinci, perché "con tutto il suo genio non è riuscito a creare una sola macchina in grado di funzionare (...) Leonardo cercava gli archetipi dei fenomeni (...) il compito autentico (dello scienziato) consiste nel determinare delle corrispondenze sotterranee, invisibili, inimmaginabili per il profano". Come ulteriore premessa alle proprie dissertazioni, Caillois spezza una lancia a favore dell'antropomorfismo: negare indiscriminatamente che gli animali possano provare emozioni e ambizioni di tipo umano - come faceva Buffon - è una pericolosa forma di antropocentrismo, in quanto spinge l'uomo a ritenersi sostanzialmente diverso (superiore).
Caillois ritiene che simmetria e geometria siano proprietà intrinseche della natura, una sorta di autorganizzazione - involontaria tendenza del vivente alla riduzione dell'entropia. Sulla base delle due premesse iniziali, l'autore confronta le caratteristiche della società umana con quelle di alcune specie d'insetti, per dimostrare che l'uomo - cosciente ma intrinsecamente impreciso - e l'insetto - con i suoi perfetti automatismi - simbolizzano due approcci paralleli alla costruzione, alla geometria, all'arte. Entrambi sono per Caillois strumenti utili alla realizzazione di un disegno universale, ma il primo è dotato di una capacità di perfezionamento culturale che nasce dalla sua stessa imprecisione: "La coscienza (...) ha senza dubbio cessato di essere infallibile, ha perso la lucidità irriflessa che caratterizza lo stato sonnambolico. Esita, tentenna (...) Eppure, nei limiti che essa ha appreso a riconoscere, forse a spostare in avanti, questa fantasia maldestra è libera. E creatrice". L'autocoscienza umana è per Caillois conseguenza diretta della rinuncia, in senso evolutivo, a organi troppo specializzati, come le ali di un uccello. Una rinuncia che coincide con la pedomorfosi, il mantenimento di caratteri giovanili nell'organismo adulto. Preferendo alle "soluzioni organiche" quelle meccaniche, l'uomo può dotarsi all'occorrenza di una bussola per orientarsi con l'abilità di una formica, volare in un aereo corazzato coniugando le qualità di un uccello e di un'aragosta, utilizzare l'elettricità in modo assai più efficace di una torpedine. Se fissità e circolarità caratterizzano le società degli insetti, capaci di tornare al proprio equilibrio autoregolandosi se perturbate, il concetto di storia, che implica il flusso, la novità, l'imprevedibile, definisce la società umana.
Esempio sorprendente della logica di Caillois nella ricerca di corrispondenze nascoste - che egli stesso definisce, comunque, "quasi inverificabili" - tra il nostro mondo e quello degli insetti è la relazione ipotizzata tra umana fabulazione e ciò che lui definisce istinto. Basandosi su alcuni fatti - le mantidi femmine divorano i maschi durante l'accoppiamento, l'uomo nutre interesse per le mantidi, in molte civiltà è diffuso il mito della donna che uccide e divora l'uomo al momento dell'amplesso - Caillois, implicitamente assumendo che il terrore dell'uomo colga anche le mantidi maschio, conclude che l'istinto, nel mondo umano dell'immaginazione e della libertà, agisce "per immagine interposta", vale a dire attraverso il mito. Non meno controversie può suscitare l'idea che le ali di farfalla, il cui colorato disegno non segue la tendenza universale alla simmetria e alla geometria, né il principio d'economia - ma qui si potrebbe contestare a Caillois un eccesso di fiducia nella propria ragione, perché non basta non trovare una spiegazione alla funzione dei colori per definirli superflui -, siano da considerare alla stregua di vere e proprie opere d'arte, e più precisamente pitture, per i loro straordinari rapporti tra forme e colori. In questo caso pittore non è l'individuo, involontaria tela itinerante, ma l'intera specie. E provocatoria è l'ipotesi che il mimetismo, in molti casi, non abbia valore di sopravvivenza, costituendo una sorta di "moda naturale" che evolve su scala millenaria, idea basata sulla - criticabile - affermazione che poiché molte specie, ad esempio di farfalle, non sono mimetiche, una simile qualità è inutile.
La traduzione di Giovanni Leghissa è generalmente puntuale, scorrevole, gradevole, pur con alcune stonature - tra cui la resa di ""défenses"" (zanne di mammouth) con "difese", e di ""déception*" (inganno, tema attualissimo in etologia) con "decezione". Questo libro non è - né vuole essere - un testo scientifico di consultazione: le pagine sulle funzioni del mimetismo sono approfonditamente analitiche, ma la classificazione delle diverse forme è piuttosto antiquata. Si tratta piuttosto di un'opera dotata di dignità letteraria, con descrizioni molto piacevoli, da cui traspare evidente la passione dell'autore per la mitologia e gli insetti: l'aspetto spettrale della mantide, il potere di fascinazione degli ocelli nel mondo animale, ma anche in quello umano: "Si constata dunque che l'uomo quasi universalmente, in virtù di una tendenza che si direbbe inestirpabile, ha paura dell'occhio il cui sguardo provoca lo stupore paralizzante, costringe a fissare un punto fisso, priva immediatamente di coscienza, volontà, capacità di movimento (...) Si spaventa e, subito, si sforza di fare del temibile emblema uno strumento di terrore di cui poter a sua volta disporre, ora però come arbitro di quella potenza (...) Di nuovo, il parallelismo si ripete, dall'ocello allo sguardo della Gorgone, dallo spasmo del bruco o della farfalla alla trance dello stregone".
Il libro di Caillois può anche aiutare chi, volendo tentare la carriera dello scienziato, cerca di seguire i consigli di Konrad Lorenz: "liberati ogni giorno di una teoria tra le più care", e di Albert Einstein: "pensa almeno dieci minuti al giorno il contrario di tutti i tuoi colleghi".
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