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Descrizione


Cosa si può immaginare di più inattuale, oggi, di un poema epico in ottave? Basterebbe questo a indicare in Ogni cinque bracciate, work in progress iniziato nel 2002 e concluso nel 2007, la più rara delle aves in un panorama poetico, come il nostro degli ultimi decenni, contrassegnato per lo più da gabbie strenuamente chiuse, finissimi lavori di cesello, fenomenologie microscopiche. L'originalità di Frungillo è stata quella di cogliere la chiave d'accesso a una dimensione epica, allegorica e mitopoietica. Quello di Renate, Karla, Lampe è il corpo dell'utopia socialista e, più in generale, di una modernità che ha preteso di spingersi, in tutti i sensi, oltre i propri limiti. Proprio come nelle Vite degli altri, film di Florian Henckel von Donnersmarck, c'è in questa storia anche un "agente doppio": l'inquietante dottor Starkino che canta le magnifiche sorti e progressive dei corpi da record. La sua retorica ci turba perché non possiamo non risentirvi gli accenti degli epinici antichi, delle odi pindariche. L'inganno della parola e quello della storia sono lo stesso inganno.
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Dettagli

2009
1 gennaio 2009
136 p., ill. , Brossura
9788860871992

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bibliomane
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Quando l’illusione della parola e quella della storia sfuggono alla memoria collettiva, è così che nasce un racconto segnato sul corpo o su quel che ne resta. Vincenzo Frungillo, autore dell’opera, durante la stesura assume le sembianze del detective, parte per la Germania alla ricerca di tracce, tracce che risolvano l’enigma. La storia che ricompone è quella di Ute, Renata, Lampa e Karla: sono i nomi fittizi delle ragazze che sulla scia delle vittorie della giovane Kornelia Ender, rivelarono in Germania un’imbattibile generazione di nuotatrici. Nelle Olimpiadi di Mosca del 1980 la squadra femminile delle DDR (Repubblica Democratica Tedesca) sbalordì il mondo con record inarrivabili. I loro trionfi misteriosi scomparirono con la fine di un’epoca e con la rivoluzione dell’89. È così che le ragazze povere grazie al loro fisico riuscivano a riscattarsi dalla condizione di miseria durante la Guerra Fredda: gli atleti dell’est con le loro vittorie assumevano valore politico sul modello Usa, sconfitto a livello sportivo ideologico e morale. Hanno raccontato che erano costrette a prendere delle pillole azzurre che dovevano ingerire prima degli allenamenti, gli steroidi rendevano i corpi delle fanciulle chimici, e i loro animi malinconici. Nella prefazione, scritta da Elio Pagliarani a cui Frungillo s’ispira creando l’anti corpo capitalista, ovvero l’utopico corpo socialista, ci dice che in Occidente non si seppe mai dei loro allenamenti. Narrazione poetica che si riferisce a fatti reali più o meno universalmente significativi, il poemetto allora è definibile come epico ma anche narrativo.

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andrea
Recensioni: 1/5

Un libro pretenzioso, ma molto modesto: retorica a piene mani; lingua bolsa e faticosa; nessuna intelligenza stilistica. Tutto appare pesante, asfittico, sentenzioso. In sintesi: una brutta raccolta.

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Il napoletano Vincenzo Frungillo, con intelligenza e sapienza, supera separazioni tra lirica e poesia-racconto, sperimentazione e tradizione, muovendosi in un humus che le riguarda tutte e trovando una voce personale, nella tensione fra i due estremi rappresentati da prefatore e postfatore: Elio Pagliarani e Milo De Angelis. Il primo parla, per questo libro, di poema epico-narrativo, essendo esso dedicato alle nuotatrici della Ddr che nel 1980 vinsero le Olimpiadi di Mosca, con conseguenze gravissime, tra malattie e forme di androginia, per gli anabolizzanti assunti (le pastiglie "azzurre"). Saremmo Dopo la lirica, come s'intitola l'antologia einaudiana che proprio nel 1960, anno del poemetto La ragazza Carla di Pagliarani, individua la svolta. E il poema di Frungillo si articola rigorosamente, diviso in cinque canti, ciascuno diviso in sequenze e le sequenze in ottave scandite da rime alterne, con pausa ogni cinque ottave, come il respiro che si tira nel nuoto dopo l'analogo numero di bracciate. Ma questo finché la macchina testuale deve formalmente renderci l'armonia e la misura stessa del gesto atletico. Ma, dal momento della "caduta", il deformarsi di corpi e vita ("Le loro gesta, le loro azioni, / ora si propagano in radiazioni"), si cambia registro, pur in una sostanziale continuità, nel senso che siamo lontani dal plurilinguismo del "modello" Pagliarani, e la "sperimentazione" avviene all'interno di forme date. E seppure Frungillo rievoca avvenimenti ("tempo", "storia", "memoria" sono lemmi fondamentali), la sua non è una poesia-racconto. La voce, pur "narrando", assume la "densa rarefazione" di una poesia che ci porta verso territori altri ("La perfezione originaria all'ora prima, / tutto nasce e ritorna nella frase inaudita, / alla vigilia di ogni gara torna la rima / che dispone a staffetta la loro vita": dove insieme al nuoto tema è la poesia stessa) e acquista magari qualcosa dell'impasto poetico dell'altro "modello", Milo De Angelis, cantore, nel recupero del mito di Sparta, delle giovani atlete. Ma, a differenza di Frungillo, De Angelis è attratto dalla bellezza in sé del gesto atletico decontestualizzato e assolutizzato (e di Frungillo cita proprio questi versi: "Quando arriva la spinta dell'ossigeno al polmone / e diventa potenza pura, assoluto furore"). Mentre qui c'è un prima e un dopo, il mito nazista-filosovietico della costruzione dell'uomo nuovo e del mondo nuovo, e l'orrore senza tempo che si spalanca.
Enzo Rega

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