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Lascia un senso di stupore e di amarezza riscoprire attraverso l'esperienza della protagonista, Caterina, quanto le donne abbiano sofferto la loro posizione di genere prima di ottenere una parità di considerazione e trattamento sociale, anche in quel microcosmo familiare che dovrebbe essere luogo di rifugio e protezione. Questo grazie a una storia che racconta con un realismo duro e difficile da guardare, a volte esplicito a volte più allusivo, che rimanda a un mondo rurale solo apparentemente lontano, perché volutamente tenuto a distanza se non rimosso da un presente frenetico, distratto, dimentico delle antiche radici. Gli stessi inserti dialettali sono percepiti come ostici e fastidiosi, mentre invece consentono di delineare pienamente la cornice della vicenda, fugando ogni dubbio sul fatto che l'ambiente rurale sia sempre stato, come si percepisce ora, un luogo ameno e idilliaco. Come in tutte le storie c'è un'eroe, anzi un'eroina, che combatte come può per essere se stessa, perdendo tuttavia più di una battaglia. Ma in questo perdere sta la sua grandezza perché, nonostante una sorte beffarda e infida, la protagonista resiste senza farsi sopraffare dallo smacco spietato. Emblematico l'episodio in cui una maestra elementare, lungimirante e acuta nel cogliere il disagio vissuto dalla piccola alunna, palese anche per la condizione di esclusione all'interno della classe, rimanga inascoltata, addirittura allontanata perché potenziale minaccia di uno stato di cose visto come immutabile. Altri personaggi fortemente rappresentativi di quel mondo rurale duro e implacabile animano la vicenda, quasi tutti vittime più o meno innocenti di mentalità e costumi ispirati al principio della prevaricazione del più forte sul più debole. La lettura scorre lineare senza incepparsi in complessi artifici retorici salvo un improvviso salto finale che riporta la vicenda dal passato al presente, mostrando tutti i segni indelebili di un’infanzia deprivata e tradita.
Chi è Caterina? È una sassaiola di grandine, un vento teso, una manciata di terra, una bambina che osserva ciò che accade intorno e dentro di sé e ne registra tutte le sfumature. Perché alcune persone, ed è vero, hanno la capacità di vedere il mondo con un senso in più, con uno sguardo diverso; in loro la natura palpita e risuona restituendo echi profondi. Cosa accade a Caterina quando, con questo tipo di sensibilità, si scontra con una realtà rurale antica, a tratti dura e irrispettosa? Con uomini che hanno bisogni urgenti da soddisfare a spese della sua infanzia? Accade che Caterina fa crescere il suo mondo al contrario e anziché far uscire la parte migliore di sé e mostrarla, la custodisce, la nasconde, e ciò che appare è una sfrontatezza che non le appartiene, una caparbietà spesso fraintesa, forse persino da se stessa. Le parole si ribaltano dentro di lei, si ingrossano come un fiume in piena, ma non trovano modo di affiorare alle labbra e allora ecco che esondano e vanno verso la natura di quella terra di mezzo che le accoglie e sparpaglia. E proprio da lì, dalle terre paludose e dai nascondigli mobili, scaturisce una meravigliosa e coinvolgente scrittura che vibra ed emoziona chi legge. Con questo libro tra le mani si ha l'impressione di essere veramente in quella casa colonica, in un tempo indefinito e sospeso, e pare di vederli quei campi riarsi dal sole o sferzati dal vento, e pare di sentirla arrivare la tempesta che, abbattendosi in ampi spazi, trova la sua grandiosità tra i campi. Si vedono i colori sfumati dell'arcobaleno salire al cielo e ci si ritrova ad alzare timidamente la testa e a guadare lontano. Insomma...pare di essere Caterina e di avere voglia di sfondare quell'orizzonte limitato e andarsene via. Questa scrittura che si apre a grandi spazi e si chiude in pertugi, che sembra andarsene dritta ma poi salta verso il basso e spia in alto verso la luce, ti porta a intraprendere un viaggio nella vita di un altro, e ti fa odiare e amare...
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