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Avignone, XIV secolo. I papi stabiliscono nella città provenzale la propria residenza. Tali colti e potenti committenti richiamano qui da tutta Europa, e in particolare da Siena, molti tra i più significativi esponenti delle arti e delle lettere, da Simone Martini a Matteo Giovannetti, da Francesco Petrarca a Giovanni d'Andrea, per costruire il proprio palazzo, arredarlo, decorarlo e per circondarsi dei migliori ingegni, producendo così un clima di straordinaria vivacità culturale. Similmente, in una città come Bologna, per secoli legata alle terre del pontefice e sede della più celebre università europea, fra Tre e Quattrocento la presenza di committenti ecclesiastici e civili di spicco comportò continui e numerosi incarichi per orefici e miniatori locali e richiamò artisti celebri dall'egemone milieu culturale toscano, in grado di tradurre nell'oreficeria messaggi devozionali e politici forti. L'esempio più clamoroso in questo senso è costituito dall'eccezionale statua in rame dorato di Bonifacio VIII, realizzata dall'orafo senese Manno di Bandino, oggi conservata al Museo civico medievale di Bologna. Altre opere vengono qui riconsiderate alla luce di nuovi documenti mettendone in risalto le qualità formali, ma soprattutto portando l'attenzione sulle ragioni di autopromozione e di comunicazione di fasto e autorità dei committenti; tra i manufatti più notevoli sono esaminati i reliquiari di San Petronio e di San Domenico di Iacopo Roseto, ora identificabile con Iacopo Azzi, fratello del noto miniatore Stefano Azzi. Un capitolo significativo è dedicato all'analisi degli statuti della Società degli orefici, fonti ricche di dati sulla vita politica e sociale della città alla fine del medioevo. In appendice sono pubblicate le matricole, cioè gli elenchi degli aderenti all'arte tra il 1267 e il XVII secolo.
Paola Elena Boccalatte
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