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Anno edizione: 2017
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Onestamente mi aspettavo qualcosa di piu. Ho acquistato questo libro entusiasmato dalle letture di Baricco, eppure non è riuscito a lasciarmi niente se non una grande confusione. Sicuramente recitato o letto in un audiolibro rende di piu, ma cosi non va proprio.
Testo poetico davvero interessante e che si legge tutto d'un fiato.
Recensioni
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Pacific Palisades di Dario Voltolini è un libro intimo e sorprendente che appassiona e commuove. Non è un poema, non è poesia. Ma una narrazione poetica in cui l’autore ha aggiunto, alle normali regole della prosa, un segno in più della punteggiatura, l’“a capo”: ed ecco questa speciale meditazione dal carattere auto-biografico e corale. In cui le vite dei vari personaggi si incontrano e si scontrano; le immagini, come le emozioni, sono dilatate nel tempo e distribuite nello spazio per permettere al lettore di viaggiarci dentro e di attraversare, insieme all’io narrante, i luoghi della sua memoria. Ma cosa sono e a cosa servono le palizzate pacifiche di Voltolini?
Sono morbidi ostacoli che proteggono l’intimità, filtrano l’orrore, l’amore e l’odio. Che si ergono a difesa di se stessi ogni qual volta vengono abbattute per qualche dolore, o vengono piegate da un affetto dirompente. È una specie di filtro che serve alla nostra sopravvivenza. Ad andare avanti sempre, e a continuare ad aprirsi agli altri, a coloro che sono stati presenti nel nostro passato e a coloro che diventeranno, insieme a noi o senza di noi, un giorno, il nostro futuro. Perché siamo tutti il frutto di qualcosa e di qualcuno.
Uno dei personaggi più belli di questo libro è La donna che va nei bar. Il racconto segue le peregrinazioni di una donna che entra ed esce dai bar, ma anche mentre attraversa la città e vede cose, sente le emozioni crescere e assopirsi come la sua sete travolgente: “solo pallidamente estinta dalle bevande / solo parzialmente assopita dall’alcol / la tua sete era perenne / era come una fame / era come il volo del falco / che cerca la preda / e volando si distende”. Vibrante di tensione, direttamente connesso alla donna che va nei bar, è Il figlio del primo. Un atleta, un nuotatore, un agonista che, a un certo punto della vita, comincia a bere. E perché mai? Non è facile stabilirlo. “Vorrei precisamente capire se qualcuno sa stabilire / se sia fragilità o forza che uno va cercando nel bicchiere. / Forza fisica ne aveva più di tutti. Forse edificata / attorno a un velo mobile e sfuggente: / l’alcol serve a irrobustire quel velo / o a disciogliere la forza?”
La scrittura di Dario Voltolini si conferma evocativa e libera. Dal tono e dal ritmo giusto per dire sempre quel che vuole, non solo con le parole ma anche con la musica prodotta dalle particolari legature, dagli accostamenti, dalle assonanze e dalle consonanze. E dalle sospensioni che paiono come pause di riflessione, respiri spiazzanti che si mettono tra un’immagine e un’altra. (...)
Pacific Palisades però non è solo un libro tutto nuovo. È anche un’opera che conferma e testimonia il percorso artistico di Voltolini. Il linguaggio scarta e si rinnova, il corpo a corpo con le parole è rigenerante, e finalmente, dice lui, è arrivata anche la resa dei conti col passato, con gli antenati trentini e con quella tragedia umana che è stata la Grande guerra. In uno degli ultimi pezzi protagonista, oltre all’io narrante, è una donna che piange. Che piange su una tomba, in un piccolo cimitero di un paesello, un morto della prima guerra mondiale: all’inizio silenziosamente, / poi senza poterci fare nulla singhiozzava disperata”. Da questo libro Alessandro Baricco ha tratto uno spettacolo andato in scena al Romaeuropa Festival.
Recensione di Serena Gaudino
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