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A promuovere, nel novembre 2009, il congresso sulla prima guerra mondiale che ha dato origine a questi atti è stato il Convitto Cicognini di Prato, con il quale ebbero intensi rapporti alcuni dei più noti intellettuali italiani fra Otto e Novecento, come D'Annunzio e Malaparte. Emerge con forza il tema della sostanziale nocività della mobilitazione in relazione allo sviluppo del pensiero democratico nel paese. Non solo infatti quella femminile, come rilevato da Beatrice Pisa, si limitò a rinverdire "il mito della donna salvifica e consolatrice", ma anche il mondo dei bambini (si pensi alle iniziative scolastiche e alla "Domenica dei fanciulli", di cui sono riprodotte alcune copertine) fu oggetto di una mobilitazione improntata alla "statalizzazione del pensiero" (Halévy): se ne pose a corollario la retorica sugli orfani di guerra o i piccoli profughi. Questo mélange patriottico fu il corrispettivo, sul piano socioculturale, dell'accentramento di poteri verificatosi in sede politica e dello statalismo nella produzione; come dimostra Tomassini, nella restaurazione liberista del 1919 il maggiore ostacolo sarebbe stata proprio la memoria della precedente mobilitazione industriale. Si affrontano anche i rapporti fra chiesa e contesto bellico, con l'analisi del discorso intorno alla guerra condotto dalle alte cariche ecclesiastiche. Nonostante le prese di posizione di Benedetto XV, la chiesa nella guerra vide, complessivamente, la via attraverso cui poteva affermarsi nel mondo una civiltà cattolica, come fra l'altro dimostrò anche la ricca produzione di opuscoli religiosi fra i soldati.
Daniele Rocca
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