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Ho letto questo romanzo in un solo giorno. L'ho poi riletto con cura, per assaporarne ogni frase, e perché non volevo lasciare i personaggi, specialmente Christiane, di cui sono perdutamente innamorato. Come abbia fatto de Villepin a far innamorare un ragazzo di 32 anni di una donna di 80 è una pura magia. Mi è piaciuta molto anche la parte su Steiner, in cui ho imparato cose che non sapevo, senza annoiarmi. Spero in un sequel !
Romanzo da leggere dal parrucchiere(possibilmente del centro di Milano,visto l'ambiente di cui si parla).Mi auguro che non sia nato con aspirazioni più elevate.Il talento di un vero scrittore ,secondo me,sta nello scrivere in maniera semplice,nel trattare argomenti quotidiani,se questa è la sua scelta,ma nel far riflettere chi legge.Qui ne siamo molto lontani
Recensioni
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“La parte del diavolo”, il nuovo romanzo di Emmanuelle de Villepin è un gradevole viaggio nella memoria e in luoghi affascinanti della Francia, che con delicatezza e ironia riesce a sviscerare alcuni nodi dei rapporti tra generazioni femminili e che è consigliato a chi desidera riflettere su queste tematiche in un’ottica rasserenante.
Christiane è un’ottantaseienne disincantata e anticonformista, amante della raffinatezza e dell’eleganza nelle relazioni che narra in prima persona un breve periodo di riunione con la figlia Christine e la nipote Luna.
Da una parte c’è il flusso di pensieri attraverso il quale la protagonista si interroga, cercando spesso conferme alle sue idee e alle sue scelte, dall’altra dialoghi freschi e autentici in cui traspaiono le difficoltà dei rapporti: la figlia è troppo inquadrata, conformista e soffre per i continui tradimenti del marito. Christiane non lo sopporta, crede che la vita vada intesa in modo molto più sciolto e soprattutto con la consapevolezza di non poter chiedere troppo a chi ci sta intorno.
Christiane ripercorre la sua biografia per narrarla alla dolce e bellissima nipote dai boccoli biondi e dagli occhi trasparenti.
«Era molto tempo fa, così tanto tempo fa che memoria e immaginazione si sono smarrite l’una nell’altra nel racconto che mi appresto a fare. Non ha un valore storico se non per me: la sola cosa che mi interessa è raccontare le cose come le ho vissute. Di oggettivo non c’è nulla» (pag.4).
Al centro della sua formazione infantile c’è la zia Bette, personaggio stravagante e fascinoso, che negli anni Venti era diventata antroposofa. Una parte del romanzo è dedicata infatti alla descrizione dell’atmosfera che si respirava a casa di Rudolf Steiner e della moglie Marie von Sivers, nella quale era stato coinvolto anche Papyrus, padre di Christiane. Ci sono anche gli uomini a partire da lui: giocoso e simpatico, che esercitava fascino sui figli, ma aveva un rapporto difficile con la moglie, cattolica osservante e intransigente. Gli uomini sono quelli che fanno la parte del diavolo appunto e che difficilmente possono essere presenti e fedeli.
Una storia di scontri, insomma, come accade da sempre nelle migliori famiglie borghesi, che ci accompagna delicatamente in un’atmosfera, quella degli anni tra le due guerre mondiali, caratterizzati da una spinta al futuro e al tempo stesso al dominio sugli altri. Anni cruciali per la nostra Europa, il cui ricordo è affidato alla nipote positiva e serena che guarda al futuro: questo sembra anche essere un messaggio da lanciare per i tempi che stiamo vivendo.
Recensione di Barbara Bottazzi.
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