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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il tentativo dell'autore, di per sè lodevole, di creare un qualcosa di originale è perseguito attraverso mezzi narrativi non convincenti; in particolare non mi è piaciuto il modo di scrivere, ricercato e poco scorrevole. I personaggi sono ben delineati ma la narrazione difetta di brio e tensione. In sostanza non lo consiglio, anche se in alcuni tratti non è sgradevole. Luca
Rispetto allo stato delle anime, ti coinvolge molto meno, quasi scontato l'assassino, inaspettato il coinvolgimento di Michela, avrebbe potuto fare di più. CIAO
Il prodotto regalatoci da Todde non è decisamente eccelso. Il suo "giallo" si trascina stancamente ed è completamente privo di colpi di scena e ancor meno di "suspance". I colpevoli dei delitti sono scontatissimi e il lessico utilizzato è spesso pesante, incongruo e sintatticamente anche scorretto. L'immagine poi che ci disegna della Cagliari in cui incastona la sua trama appare perlomeno sconnessa e satura di preconcetti luoghi comuni. Si può solo salvare l'originale figura del protagonista (un medico imbalsamatore) che, tuttavia, nella fragile vena dell'autore non assurge mai a vette degne di considerazione e si adagia, viceversa, su comportamenti monocorde e scevri di vivacità. Insomma, Todde potrebbe avere in mano una fuoriserie ma per ora la utilizza come un tagliaerba; i suoi limiti momentanei saranno perenni o no? Lo aspettiamo ancora fiduciosi al suo prossimo lavoro sperando di trovare un nuovo grande autore italiano piuttosto che l'attuale sbiadito ed effimero vergatore isolano. Coraggio, quindi!!!!
Recensioni
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Dello stile di Giorgio Todde si può dire senza esitazione che sia elegante. Della storia, che sia un seguito del suo primo romanzo, Lo stato delle anime (Il maestrale, 2001; Frassinelli, 2002), vincitore del premio Giuseppe Berto e del premio Rhegium Julii, tradotto in Francia, Germania, Olanda e Spagna. Anche questo è un noir ambientato alla fine dell'Ottocento, il cui protagonista, l'imbalsamatore Efisio Marini, un medico sardo realmente vissuto tra il 1835 e il 1900, diventa investigatore di una serie di delitti cominciati con l'assassinio e la mutilazione dell'avvocato Giovanni Làconi, il cui autore ha un complice subito dichiarato: la paura. È la paura che sottende alle storie allacciate degli abitanti di un paese della Sardegna più conservatrice, la paura che muove alcuni gesti, ne soffoca altri, chiude i protagonisti nel proprio mondo con la speranza che non venga alterato, di poterlo conservare. La paura e la carne che, invece, cambia, si appesantisce, invecchia e muore a dispetto dei tentativi della vecchia donna Michela che, nascondendosi in casa senza lasciare entrare né luce né storie altrui, "è certa di battere l'eternità, senza doversi umiliare con preghiere che secondo lei nessuno sente". Ognuno cerca un suo modo per opporsi: l'inquieto e giovane Efisio è determinato a sfidare il tempo, pietrificare il suo trascorrere attraverso la mummificazione dei corpi, ponendo la propria passione tra sé e la sua, di paura, ansioso di sapere cosa stia succedendo sull'isola, quali traffici illeciti abbiano portato, forse, al compimento dei crimini che indaga. Efisio è tutto avvolto nella propria "idea", diventata una missione che talvolta dimentica i vivi, lo allontana dalla famiglia, lo spinge per un momento verso i colori chiari e stranieri della cugina Matilde, che non saprà, nemmeno lei, sostituirsi all'urgenza inevitabile del cercatore. E sullo sfondo una Sardegna dura, arida, calda d'estate, odorosa di terra, pesce grigliato e caffè di fine pasto, e poi la "via del mare", ragiona Efisio, la via di fuga verso il Mediterraneo, la connessione con il paese dell'Africa dove crescono i papaveri e da cui pare arrivare la ragione degli avvenimenti. Ma la paura non ha bisogno di essere esotica, ammicca l'autore nella cadenza quasi musicale del suo originalissimo stile, la paura è di casa.
Chiara Marchelli
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