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Anno edizione: 2016
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Saggio ben scritto, ma che offre il fianco a numerose critiche. In primis, l'affermazione secondo la quale la riforma rinuncerebbe "a qualsiasi anche minimo rafforzamento della figura del Presidente del Consiglio" (p.12) non può essere condivisa. O meglio, potrebbe esserlo nell'ambito della sola riforma, ma non può esserlo nell'ambito del "combinato disposto" riforma+Italicum: con l'Italicum l'Italia diventa il solo paese dell'Unione Europea (oltre all'Ungheria) dotato di un sistema elettorale che assegna un'ampia maggioranza assoluta dei seggi a un solo partito; l'elezione per il Parlamento diventa anche l'elezione del Presidente del Consiglio, in contrasto con l'art.92 della Costituzione. Nessuna Camera assennata sfiducerebbe il governo, perché la sfiducia porterebbe allo scioglimento anticipato del Parlamento e a nuove elezioni. Con la riforma, solo la Camera darà la fiducia al governo; purtroppo però l'Italicum, assegnando 340 seggi al partito che prende più voti, riduce il voto di fiducia a una mera formalità. Se ciò si unisce al fatto che il 60-70% dei deputati sarà di fatto nominato dal leader del primo partito, si evince come l'indirizzo politico possa diventare competenza esclusiva del premier. Di fatto, la forma di governo si trasforma da parlamentare in presidenziale. In relazione poi al ruolo delle minoranze parlamentari, a p.81 si parla di comparsa di una nuova garanzia, ovvero lo statuto dell'opposizione. Facile però notare come il ruolo delle opposizioni venga sminuito: relativamente all'elezione del Presidente della Repubblica e a un terzo dei membri del CSM, il potere della maggioranza nel Parlamento riunito in seduta comune aumenta notevolmente, passando da 340 voti su 1008 aventi diritto a 340 su 730; considerando che al settimo scrutinio bastano i tre quinti dei votanti (circa 400 voti), la maggioranza potrebbe risultare in grado di eleggere tali organi da sola. Già questo mi pare basti a offuscare un "rafforzamento del sistema delle garanzie".
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