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Anno edizione: 2017
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Questa volta Zeina crea un fumetto che si muove su molti livelli, le tavole sono dinamiche pur restando simili ai bassorilievi delle culture orientali. I bianchi e nero possono trasformarsi in “colori” a seconda degli accenti utilizzati nel leggerlo. Un libro musicale, diverso dal dramma claustrofobico de “Il gioco delle rondini”, anche se fa piacere ritrovare alcuni dei personaggi presenti in quel libro. Sembra di avere dei pezzi di un mosaico da mettere in ordine cronologico (se si vuole), oppure da prendere così come è, come i bastoncini di mikado. Tra storia vera e diario di ricordi. “Chi ha un accento, ogni volta che apre bocca parla del proprio paese, parlando d’altro”.
Recensioni
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Nel pianoforte l’intervallo minore possibile tra note è il semitono, la distanza tra un tasto bianco e uno nero. Nella musica orientale, invece, la distanza è più piccola, un quarto di tono, intervallo che è stato irriproducibile fino a... E qui ci fermiamo, perché non c’è una conclusione chiara a questa frase. Potremmo dire che i sintetizzatori degli anni ’60 furono i primi a risolvere la questione, aprendo lo spettro di suoni e note possibili a una tastiera. In alternativa, potremmo leggere Il piano orientale, la graphic novel in cui l’autrice libanese Zeina Abirached racconta la storia di due ponti. Ponti tra culture, Oriente e Occidente, tra la sua Libano e la Parigi dove vive.
Il primo ponte è la storia di Abdallah Kamanja, versione fittizia del nonno dell’autrice, un personaggio sorridente e in perpetuo ritardo, inventore del primo pianoforte in grado di riprodurre il quarto di tono. All’apparenza uguale a un normale piano, “il piano orientale” di Kamanja è dotato di un pedale che, quando schiacciato, “fa slittare le corde” che azionano i martelletti, modulando il suono in modo, per l’appunto, “orientale”. Il secondo ponte è la vita stessa di Abirached, nata in Libano, ma residente a Parigi, cresciuta bilingue (arabo e francese) proprio come lo strumento del nonno, e ancora oggi in bilico tra due mondi lontani. L’autrice si sente lontana da casa quando guarda la sua città senza vedere il mare libanese, si sente straniera quando parla francese, mentre il suo accento racconta della sua storia più di quanto lei sia in grado di ammettere.
Un’opera dominata dai pattern in bianco e nero a fare da sfondo alle vicende dei personaggi, spesso ritratti in primo piano e circondati da oggetti, didascalie e dialoghi. Il piano orientale ha tavole dense di inchiostro e una storia a due facce ben narrata: un’epopea familiare e musicale in ricordo di un inventore dimenticato.
Voto 3/5
Recensione di Pietro Minto
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