Il volume raccoglie una serie di saggi e il ricco catalogo della mostra dallo stesso titolo ideata da Andrea Pessina, Mario Iozzo e Giuseppina Carlotta Cianferoni per il Museo archeologico nazionale di Firenze. La mostra costituisce, come apertamente dichiarato, "un ideale pendant, quasi un gioco di specchi e di ombre cinesi" dell'esposizione Potere e Pathos. Bronzi del mondo ellenistico, contestualmente allestita a Palazzo Strozzi. Un gioco di specchi è anche quello che lega le repliche e le varianti agli archetipi assai spesso perduti; e di particolare interesse è che qui le copie siano in bronzo, come spesso erano gli originali di grande formato, che esse hanno replicato o a cui si sono ispirate. L'esposizione ha messo in mostra una selezione di piccoli oggetti delle collezioni mediceo-granducali in buona parte inediti e conservati per lo più nei depositi del Museo archeologico nazionale di Firenze: si tratta soprattutto di bronzetti ma sono presenti anche cammei, monete, piccole sculture in avorio, in terracotta e marmo, soprattutto romani ma anche ellenistici ed etruschi. In apertura del catalogo il soprintendente Pessina, chiedendosi già nel titolo se abbia ancora senso "produrre mostre", sottolinea come il ruolo del museo non sia solo di essere sede di conservazione ed esposizione del patrimonio ma anche luogo della ricerca, di cui le mostre temporanee possono costituire un'occasione importante: questo è stato senz'altro l'intento, riuscito, dei curatori di questa mostra. Il volume è articolato in tre sezioni, due di carattere introduttivo e tematico mentre la terza, la parte più corposa del libro, è il catalogo vero e proprio, che presenta, ordinate secondo criteri iconografici, le accurate schede corredate da belle illustrazioni, realizzate per questa occasione, dei circa 170 oggetti in mostra. Purtroppo il fatto che solo una piccola parte degli oggetti sia stata sottoposta a restauro ha in molti casi limitato le osservazioni degli schedatori, condizionati nella loro visione autoptica dalle patine sovrapposte nel tempo alla superficie originale. I saggi delle prime due sezioni illustrano le questioni più propriamente legate al collezionismo moderno e alla ricontestualizzazione dei bronzi nel loro ambito originario e ne indagano funzioni e significati. Per la prima parte si segnala il bel saggio di Salvatore Settis, già apparso in inglese nel 2008 e qui riproposto in traduzione e con una nota di aggiornamento bibliografico, che ricostruisce il percorso assai precoce delle antichità dallo status di rovine a quello di oggetti di prestigio sociale, per divenire più tardi oggetti di apprezzamento estetico e quindi di valore artistico, dando luogo al fenomeno del collezionismo rinascimentale. Seguono un contributo più puntuale sui bronzi medicei a firma di Cristina Frulli e un saggio sul rapporto della città di Firenze con l'effigie di Eracle di Fabrizio Paulucci. Due i saggi della seconda sezione tematica: a Michael Koortboijan si deve un contributo su quelli che lui definisce "piccoli grandi bronzi" e sulla dialettica tra la pratica della miniaturizzazione della produzione artistica di grande formato, riferibile a diverse serie iconografiche, e l'esistenza di piccole invenzioni scultoree autonome. Il saggio offre una sintesi di carattere generale sulle questioni più dibattute per le produzioni di piccolo formato. Chiude la parte introduttiva il ricco saggio di Matteo Cadario, ampia disamina sul significato dei bronzetti nel loro contesto originario: poteva trattarsi di ex voto, secondo una prassi che lo studioso definisce "ecumenica", ma che non risulta molto attestata numericamente mentre ne è frequente il rinvenimento nei depositi. Altro contesto privilegiato è quello domestico, dove questi oggetti potevano assolvere alla funzione di ornamenta: ricco giacimento sono per questo genere di utilizzo le città vesuviane, con i loro larari. Un caso particolare attestato archeologicamente e pure dalla tradizione letteraria è quello di un precocissimo interesse collezionistico, già da età antica, declinato sia nella prassi della conservazione che in quella del commercio. In appendice infine tre brevi contributi dedicati alla statuetta equestre di Demetrio Poliorcete e al noto cavallo impennato cui essa è stata associata dopo il 1769 e per il quale indagini diagnostiche realizzate in occasione della mostra confermano la datazione in età moderna. Rosina Leone
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