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Anno edizione: 2011
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Trovo – contrariamente alle recensioni in italiano che leggo – questa opera prima di Amara Lakhous decisamente più interessante dei lavori successivi, che sono valsi all'autore la notorietà in Italia. La vicenda è un unico flusso di coscienza del protagonista, Hassinu, cresciuto nel rione "dei pirati" di Algeri (lui stesso si sente, come gli raccontava la nonna, discendente del leggendario corsaro barbaresco Reis Hamidu Ben Ali), ma circondato da personaggi fastidiosi e mediocri (le "cimici"), parassiti che si inseriscono nella narrazione con dialoghi smozzicati e insignificanti. Quarantenne, il nostro Ulisse algerino, scapolo, con un misero (e instabile) impiego alla grande poste e i postumi di un'ulcera, e scende a patti con la sua posizione di irrimediabile sconfitto: non ha una moglie in una società che vede il matrimonio – combinato – come unica posizione accettabile per l'individuo, non ha una macchina (simbolo del benessere), non ha nella sua piccola abitazione una stanza in cui ricevere gli ospiti. Come ricompensa a tanta frustrazione, Hassinu ha il proprio fallo (interlocutore costante), una routine di vita abitudinaria e ossessiva, un solido quanto esteriore senso religioso, una prostituta triste che visita ogni giovedì, un canale televisivo francese che trasmette culi e tette. Quale soluzione rimane, non solo ad Hassinu ma a un'intera società oppressa dalla dittatura militare? Risponde la vicenda stessa dell'autore: volgersi verso un passato ormai irraggiungibile, o emigrare.
Sinceramente avevo letto su alcune riviste una buona recensione di questo libro, una volta letto sono rimasto molto perplesso è un testo , molto frammentario e sincopato , decisamente noioso, forse la traduzione dall'arabo fa perdere alcuni contenuti intrinseci, sinceramente non lo so, resta il fatto che lo spessore del personaggio ( se esiste ) si perde nelle sue elucubrazioni francamente troppo dilungate. Il giudizio rimane dunque per mia parte negativo.
Recensioni
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