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Anno edizione: 2020
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«Una scoperta che mette in luce, di un grande narratore del Novecento, la coerenza interna e la importante, singolare vena poetica dei suoi esordi» - Maurizio Cucchi, Robinson
I viaggi / non mi spaventano. / Anche se girassi / dietro la fortuna. / Farei solo dei passi. / Col piede / accanto a un sasso. / Ogni strada / ha un sasso / e una margherita. / Ed io vado / sasso per sasso / e colgo la margherita.
Volponi è stato uno dei maggiori scrittori del dopoguerra, ma è nato come poeta e ha frequentato la poesia per tutta la vita. Prima dell'esordio in prosa con il famoso 'Memoriale' (1962), aveva pubblicato tre importanti libri di poesia: 'Il ramarro' (1948), 'L'antica moneta' (1955) e 'Le porte dell'Appennino' (1960, premio Viareggio). Le poesie inedite recentemente ritrovate fra le sue carte e ora qui raccolte risalgono alla seconda metà degli anni Quaranta, alle soglie del 'Ramarro', e si spingono fino ai primi anni Cinquanta, nei dintorni dell'Antica moneta. Dimostrano uno stile molto personale, più fisico e «corporale» che non lirico-astratto. Sono percorse da un filo rosso contrastante di eros e repulsione. Ansie e insoddisfazioni giovanili si nutrono di un immaginario percorso di sangue e gesti violenti e di una lingua che percorre la tradizione dell'invettiva. E anche gli elementi naturali, molto frequenti (fiumi, colline, alberi, animali, campi lavorati), non sono mai pacificanti ma partecipano di un tumulto interiore, tanto più forte quando il poeta non sa trovarne una ragione e un bersaglio prestabiliti. Queste poesie sono un laboratorio linguistico e sentimentale destinato a dare i suoi frutti più maturi in là nel tempo, ma già mostrano accensioni di grande forza espressiva.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Questi versi giovanili di Volponi, per alcuni tratti ancora acerbi ma già segnati da una notevole intensità espressiva, vanno letti come introduzione e apprendistato al lavoro poetico e narrativo posteriore, forse proprio nella scostante rigidità di alcuni contenuti, propedeutica alla severità etica dello scrittore maturo. La paura e l’ansia di conoscere da lui stesso attribuite alla propria inquieta giovinezza, hanno caratterizzato principalmente i primi rapporti amorosi e le donne incontrate, che vengono tratteggiate non solo con scarsa empatia, ma addirittura con una repulsione sbilanciata fino all’offesa volgare, sintomo di un’angoscia incontrollata e temuta. “Cicatrici rossastre, venine verdi sul collo, occhi affogati, gambe gonfie, ventri ansanti, pesantissimo fiato, bocche devastate” animano versi prossimi all’invettiva, alla maledizione, al disprezzo, mettendo in luce la ripugnanza per i corpi fatti di carne, sangue e umori: una fisicità violenta poco conciliabile con l’ideale di liricità e astrazione esibita nelle raccolte poetiche successive. Questa sfrontata improntitudine giovanile è indice di una ribellione alla claustrofobica mansuetudine dell’ambiente marchigiano, avvertito come fastidiosamente retorico e soporifero. L’esplicita volontà di evitare ogni sentimentalismo, smorzando qualsiasi elegiaca liricità, non risulta evidente solo dall’ostentata degradazione delle esperienze sessuali, e dal rifiuto dell’idillio paesaggistico e di atteggiamenti consolatori, ma anche dalla scelta formale di un verseggiare scarno, frantumato, paratattico: lontano sia dall’ermetismo sia dal classicismo, e semmai propenso a ereditare le formule prosastiche che dall’America iniziavano a influenzare la poesia italiana del dopoguerra. L’iniziativa einaudiana di recuperare questi inediti permette al lettore di scoprire un carattere ignorato della produzione volponiana, rivelatore di un’inasprita inquietudine, e di un puntuto, risentito spirito dissidente.
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