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«Certi ricordi sono come vecchi amici, sanno fare pace.»
I versi di Marcel Proust, riscoperti nel 1979, preludono e aiutano a comprendere meglio, per intermittenze e balenii, la grande sinfonia della Recherche du temps perdu. Tra dediche, pastiches, testi burleschi, indirizzi, questi versi rimandano ai riflessi della vita privata di Proust. Dopo la traduzione fortemente interpretativa di Franco Fortini, ecco una versione integrale dell’opera poetica di Proust, che mira a restituire la musicalità del testo e a reintegrare in italiano le assonanze con la Ricerca.
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Si legge veloce questo testo di poesie di Marcel Proust, scrittore e poeta francese considerato uno dei maggiori scrittori della letteratura mondiale. Proust avrà la fortuna di non essere obbligato a lavorare, entra presto nella vita mondana ed è affascinato dal mondo degli artisti. In questo volumetto abbiamo l'assaggio di qualche suo scritto, scoprendo un uomo non solamente colto, ma anche capace di sottili prese in giro e sagace osservatore delle situazioni che lo circondano. Tante poesie sono dedicate ad amici, o a pittori, a musicisti, come a semplici domestiche, di cui intuiva i caratteri e le qualità. Un colto uomo da bar con cui sicuramente avrei voluto prendere un caffè.
Riletto dopo tanti anni, in questa edizione gentilmente offerta da ibs/Feltrinelli, devo dire che mi ha colpito per la sua bellezza ed attualità, nonostante il tempo trascorso. Da leggere e meditare ma, senza muovere appunti all’ottima traduzione, consiglio la lettura a fronte in Francese, che a mio parere è di gran lunga più armonica e soddisfacente. Lo dice uno che ha un Francese poco più che scolastico.
Le poesie qui raccolte spaziano dai primi schizzi giovanili fino alla morte dell’autore. Si tratta di un centinaio di composizioni dalla prevalente motivazione ludica, spesso burlesche o satiriche, composte con atteggiamento mimetico nei confronti di altri autori, e con un gusto di accentuato virtuosismo. Versi in cui probabilmente lo stesso autore non credeva appieno: dopo le prime prove giovanili ispirate a Baudelaire e a Verlaine, Proust sembrò considerare la poesia un’arte minore rispetto alla prosa, incapace di rappresentare la ricchezza e molteplicità dei dettagli e delle sfumature dell’esistenza. Molto severamente, Luciana Frezza nel suo bel saggio introduttivo ritiene che volutamente Proust abbia scelto di bloccare nella crescita e lasciare allo stadio di ipotesi la produzione in versi, consapevole della sua evidente inferiorità rispetto alla narrativa. Perché scriveva versi, quindi, il sommo autore della Recherche? “Per rilassarsi, per comunicare, stuzzicare o provocare, per essere gentile o chiedere un indirizzo, ‘perdere’ insomma un po’ di tempo, giocando con le cianfrusaglie del Tempo che si perderà”. Nel suo divertito e dissacrante verseggiare “Proust ci mostra, più che la sua faccia umana, la sua maschera sociale”. L’eletta mondanità viene implicitamente evocata nell’uso ammiccante di nomi propri, nelle allusioni ai pettegolezzi salottieri, nell’utilizzo ambiguo dei pronomi possessivi a rivelare la realtà di alcune relazioni. “Ginnastica da camera, saltelli per sgranchirsi e tonificare i muscoli e accrescere così l’agilità sociale… trionfo dell’effimero!”, postilla Frezza. Accompagnando come un divertissement leggero e vivace la monumentale struttura della Recherche, i versi di Marcel Proust ne sottolineano per contrasto la complessità. Sono, come suggerisce la curatrice, “un angolo incolto nell’immenso giardino” della sua opera.
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