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Il libro in sé merita cinque stelle, ma questa edizione einaudi ne merita UNA per i caratteri minuscoli che rendono la lettura troppo faticosa. Se non volete rischiare la cecità, non compratelo!
Il galateo della prosa saggistica ce lo insegna: niente ripetizioni, mai parlare in prima persona, bisogna essere neutrali; anzi, di quel che si parla bisogna esser diligenti necrofori, che fan poche domande e che finiscono il lavoro con precisione impiegatizia. Provate un po’ voi, allora, a non stranirvi quando a un funerale, davanti alle divise grigie dei funzionari, uno si veste da Arlecchino e impalca un rito carnevalesco per ritardare un rito mortuario che sa ineluttabile: questo ha fatto la scrittura di Ripellino; non se l’è sentita, di lasciar andare sottoterra la Praga precedente ai carrarmati per recuperarla dopo da antiquario. Piuttosto, la sua scrittura diventa proliferazione barocca che attraversa artisti, ubriaconi, bordelli, palazzi, minuti, secoli; e insieme si strugge, perché quante più formule alchemiche pronuncia tanto più la magia non funziona: quel mondo non tornerà in vita. Quel che si può – meglio, quel che si deve fare, allora, è continuare a pronunciare quelle formule, a inventarsene di sempre più belle; formule che incarnano la compresenza della vitalità e della disperazione, della commozione e della sua recalcitrante sublimazione, della vita e della morte: perché del mondo di Praga, e di tanti altri, non sparisca anche il racconto.
Un testo unico, meraviglioso, anche onirico, che il compianto Ripellino, profondo conoscitore della città e della sua cultura, ha pubblicato addentrandosi nell'anima storico-culturale di Praga. Non di scorrevole lettura, ma imprescindibile per chi vuole conoscere la città e le sue tradizioni oltre il solito viaggio turistico
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