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Prateria. Una mappa in profondità
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Descrizione


L'autore concentra la sua attenzione su una piccola contea del Kansas, uno degli stati centrali, nel cuore del paese, là dove finiscono le foreste del Missouri e inizia la prateria del West, luogo solo apparentemente desolato e monotono. Il suo intento è quello di scoprire il carattere originario di questa terra, "il genio del luogo", iniziando col descrivere l'erba alta più di tre metri, e parlando poi dell'importanza degli elementi naturali. Heat-Moon rilegge i racconti dei primi coloni, segue le tracce degli indiani, fa parlare allevatori e agricoltori, coltiva il sogno di un grande parco nazionale della prateria. Il libro diventa un canto d'amore per la natura che, non solo in America, rischia di scomparire.
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Dettagli

1996
Tascabile
688 p., ill.
9788806140618

Valutazioni e recensioni

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MARCO
Recensioni: 5/5

SEMPLICEMENTE MERAVIGLIOSO!!! LA VERA AMERICA DELLE PRATERIE...PER CHI AMA IL WEST

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ilfennec
Recensioni: 4/5

.. un bel libro. Certo che non poteva eguagliare l'innocenza "scrittoria" di "strade blu" ... pero' cmq. un bel libro l.

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guido
Recensioni: 5/5

E' un libro stupendo, una narrazione meravigliosa. Mi mancano cira cento pagine per terminarlo, e mi dispiace: vorrei che fossero mille, vorrei che non finissero mai. Consiglio la lettura a chi vuole immergersi e perdersi in un mondo unico e universale. Guido

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Recensioni

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Voce della critica


recensione di Voltolini, D., L'Indice 1994, n. 9
(recensione pubblicata per l'edizione del 1994)

Settecento pagine, eppure se ne vorrebbero ancora. Il giudizio sul testo è tutto qui, si può fare a meno di aggiungere altro: un libro d'eccezione. Molte pagine andrebbero invece dedicate alla spiegazione di come ciò sia possibile, di come un'opera narrativa possa liberamente porre una certa sfida, affrontarla, venirne a capo.
La sfida di William Least Heat-Moon consiste innanzitutto nella scelta dell'oggetto da narrare. Dico oggetto perché "Prateria" non narra una storia, bensì analizza un oggetto, un oggetto in prima approssimazione muto, apparentemente non decomponibile in elementi: un'area geografica del Kansas, una prateria nel centro esatto degli Stati Uniti. E va detto che subito, per quanto ostica possa sembrare la prateria come tema letterario, nella scrittura comincia a dipanarsi un disegno, la traccia di un progetto analitico con pochi precedenti.
La prateria, o meglio il settore messo a fuoco da Least Heat-Moon, la piccola Chase County, si polverizza in centinaia di storie, di tipo e portata diversi, mantenendo tuttavia la propria unitarietà a livello di struttura e nervatura del testo. Quest'ultimo risulta di conseguenza compatto e privo di cedimenti, la scrittura procede con estrema sicurezza e non esiste, all'interno di una cornice così robusta ed esplicita, alcuna digressione che rechi in sé il minimo sospetto di gratuità. Si tratta di un'invenzione narrativa magistrale.
Le centinaia di storie hanno ciascuna il proprio fascino, il proprio senso e la propria direzione. Il lettore credo non possa che percepire immediatamente come l'oggetto del discorso - la prateria - gli sarà restituito a lettura ultimata talmente arricchito che egli non potrà più pensare alla parola stessa, prateria, come a un sinonimo di "vasto terreno erboso". Sono storie di uomini e donne colti nella loro interazione reciproca e con l'ambiente. Sono storie che, se prese insieme, raccontano un lento e doloroso processo di formazione del carattere di una comunità, delle sue chiusure, delle sue durezze, delle ostinazioni fieramente antifederali. Una storia degli Stati Uniti, prelevata dal loro più profondo centro. Se prese singolarmente, raccontano la lotta tra l'individuo e tutto il resto, riproponendo così uno dei temi forti della letteratura nordamericana.
Ma storia significa anche relazione tra la popolazione oggi residente e gli indiani originari del territorio. La prateria diventa in questo caso, assai efficacemente, il testo principale di riferimento: le punte di freccia serbate dal suolo, i modi diversi di comportarsi di fronte ai fenomeni e ai disastri naturali, la toponomastica, sono tutti segni in cui leggere la complessità di una simile e difficilmente tematizzabile relazione.
Una parte cospicua del testo è dedicata alla vita e alla storia dell'ambiente naturale. Alcune pagine sono memorabili. Con una sapienza ottimamente dissimulata dalla pulizia della sua scrittura, William Least Heat-Moon ricostruisce la grandiosità ambientale della prateria facendo interagire l'acqua, il fuoco, la terra e l'aria. Questa scelta anche tematicamente primordiale ha precise ricadute sulla narrazione, che diventa epica quando semplicemente dice quanta sia la forza scatenata dagli elementi, quanto immani le catastrofi portate dal tornado o dall'alluvione o dall'incendio.
Ci sono resoconti struggenti della resistenza urbana all'ambiente della prateria. La reazione consueta di fronte al fiume che in poche ore passa dall'aridità alla piena è di non abbandonare la propria abitazione. Mentre l'acqua sale e a poco a poco inghiotte i campi, la gente si premura di sovralzare le masserizie, di traslocare il contenuto della cantina su in solaio, e così via, quasi con pacatezza. Passata l'alluvione può capitare che il pianoforte, con tutto ciò che vi era appoggiato sopra, venga ritrovato in mezzo ai campi. Può capitare che nulla resti, passato il tornado. Eppure è con minuzia e abbarbicandosi alla proprietà che gli umani reagiscono. La stessa gente che per conservatorismo impedisce la formazione di parchi naturali sul territorio, allo stesso modo affronta gli urti con l'ambiente. Ma sebbene si tratti di atteggiamenti nati dalla stessa radice, quel conservatorismo diventa una specie di eroismo leopardiano di fronte al cataclisma. Questi e simili cambi di tonalità sono passaggi narrativamente straordinari di cui il testo abbonda.
Vita della e nella prateria è anche vita di e con gli animali. Mi preme, qui, ricordare solo i coyote e i vitelli. Per fare due esempi. A questi animali vanno pagine molto belle. Il coyote libero e furbo e il vitello allevato e castrato, sono due estremi della vita animale in relazione all'uomo. E, spostando solo un poco il punto di vista, la caccia - ad esempio al coyote e l'allevamento - ad esempio dei vitelli - sono due estremi del nostro modo di rapportarci agli altri animali.
Come sempre in questo libro, gli episodi narrati hanno un doppio valore. Hanno un valore in sé, per la godibilità dell'episodio inteso come nucleo autonomo, e hanno un valore in relazione al resto della narrazione. Credo che sia in questo secondo senso che l'autore vince la sua sfida narrativa. La caccia al coyote potrebbe essere un racconto autonomo, un ottimo racconto, ricco di dettagli, di azione, penetrante e ben risolto drammaturgicamente, con luoghi perfetti come la rincorsa del cane al coyote, come la descrizione della corsa del coyote. Ma è proprio questa sua autonomia, che è soprattutto coerenza stilistica interna, di ritmo e di equilibrio tra le parti, che permette a quell'episodio di essere fine variazione ritmica tra le altre nel testo. Questa tecnica di scrittura permette una fruizione estremamente piacevole, anche quando non sono l'azione o il caso umano o la descrizione naturale a muovere la simpatia di noi come lettori. L'attacco del capitolo sulle allevatrici di bovini ha un valore che è facile spiegare citandolo: "Sulle unghie della ragazza sedicenne lo smalto rosa è scrostato e coperto da grumi di sangue rappreso: lei afferra delicatamente lo scroto, lo tende bene, ne taglia la basa pelosa con un bisturi e lo tira giù, infida le dita nel sacco di pelle per cercare i cordoni testicolari, li tira fuori e lascia cadere i testicoli nell'acqua torbida di una bacinella che ne contiene già tre dozzine. L'operazione è avvenuta quasi senza spargimento d¡ sangue .
Ora, questo attacco è ottimamente congegnato all'interno dell'economia dell'episodio, per il punto di vista, per la gestione dell'informazione, per la simulazione di un movimento di macchina da presa, e per molti altri motivi. Ma soprattutto, e qui va letto nel contesto, questo attacco è una frustata all'attenzione del lettore, che si rianima e corre in avanti. Così come questi due esempi, molti e assai vari sono i cambi di passo della narrazione. Bisogna essere narratori maturi e padroni di tutti gli elementi della narrazione per riuscire nell'impresa di raccontare la prateria, per raccontarla così. Un altro modo di alleggerire la lettura, dando però una quantità di informazioni e, in ultima istanza, accerchiando il tema della prateria in modo da non dargli scampo, è la fitta rete di aforismi e citazioni che l'autore allestisce in apertura di ciascuna delle quattordici sezioni di cui il libro si compone. Alcune di esse, naturalmente, sono stupende: "Il vento è l'unico modo con cui una pianta può fare musica", "La Chase County ha 2839 abitanti. Fra di essi vi sono un cieco, un malato di mente e 745 elettori", "L'incomprensibile occupa troppo spazio perché all'improbabile ne resti un pochino", "La storia è l'espressione sociale della geografia e la geografia del West è violenta", "La pietra era un modo per segnare il passaggio del tempo in termini comprensibili all'uomo razionale", "La prateria e il mare non hanno altri recinti che il cielo". L'impressione, felice, è che "Prateria" sia un libro sorretto da un equilibrio stabile, dato, come abbiamo visto, dalla cornice, ma anche da molti equilibri sottili e complicati, fatti di corrispondenze tra le parti e il tutto. In funzione di infiniti sapienti dosaggi, William Least Heat-Moon ha scritto un testo la cui complessità, realmente notevole, alla lettura scompare del tutto. Resta un ricco materiale pieno di vita e amore per quella terra dall'erba alta e blu.

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