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Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2007
Anno edizione: 2012
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La storia, scrive Claudio Pavone introducendo questo suo brillante lavoro, è intimamente nemica di ogni fondamentalistica reductio ad unum: il suo compito è anzi quello di spiegare fatti e processi individuandone l'articolazione interna e i reciproci rapporti. Non deve costringere il passato nella camicia di forza di una visione ideologica, ma illuminarne le venature in superficie e in profondità. Per Pavone, "riappropriarsi del passato" ne costituisce così "il fine ultimo". E questo deve indurre a riflettere con la massima serietà sul metodo storiografico, soprattutto in relazione alla contemporaneistica, dove si trovano a confliggere passioni e interessi, non di rado ancora vivi, che inevitabilmente disturbano la ricostruzione spassionata, l'analisi distaccata, la storicizzazione stessa degli avvenimenti e della vita sociale, politica, culturale, anche per la loro tendenza a implicare un "richiamo al futuribile". Non a caso, anche il ruolo della memoria collettiva, che non sempre si identifica con una memoria condivisa, e tantomeno con una "memoria riconciliata" (che della seconda costituisce secondo l'autore "una variante peggiorativa"), va preso in considerazione. Nel magnifico saggio conclusivo sull'Otto-Novecento, sorta di messa in pratica di quanto osservato in precedenza, si vengono a incrociare gli elementi ricorrenti dei più rilevanti fenomeni storici dell'età contemporanea, alla luce delle loro possibili parentele e del loro incessante influenzarsi. Pavone vi discute con la consueta maestria dei rapporti fra stato, rappresentanza politica e diritti, affrontando infine il discorso più specifico una vexata quaestio relativo a democrazia, giustizia sociale e capitalismo.
Daniele Rocca
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