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Una testimonianza accurata, appassionata e vividissima della caotica situazione che si venne a creare nella primavera del '45 a Trieste. Nelle parole dell' autore c'è tutta l'angoscia di un intellettuale giuliano che non ha avuto neanche il tempo di gioire per la fine dell'occupazione nazifascista che già vede profilarsi l'inizio di un'altra invasione, quella dei comunisti jugoslavi di Tito. Una pagina tragica della nostra tragicissima storia recente forse troppo presto dimenticata
Una testimonianza di prima mano, ben informata, sui giorni cruciali in cui, quando il resto d'Italia ha già festeggiato la liberazione dal nazifascismo, Trieste aspetta di essere liberata ed è cruciale se ad arrivare saranno prima le truppe inglesi o i partigiani di Tito. Come si sa, arriva prima Tito, che vorrebbe annettere alla Jugoslavia tutta la Venezia Giulia. Il libro è basato sugli appunti che l'autore, membro del CLN locale, tiene come diario in quei giorni. Dunque veniamo a sapere delle trattative fallite tra CLN e partigiani di Tito, dell'arrivo volutamente ritardato dell'esercito inglese, delle sofferenze e del disorientamento della popolazione triestina. Il punto di vista è quello di una persona preparata, di sentimenti liberali, che cerca di tenersi informata in una situazione di grave incertezza e pericolo. Solo, stupisce, specie da parte di un intellettuale, il dare per scontato che Trieste sia abitata solo da persone di lingua italiana. Gli Sloveni sembrano non esistere; qua e là li si identifica con le servette presenti nelle case della borghesia locale. Ma anche questo fatto è significativo ed aiuta a farsi un'idea della complessità della situazione in cui la città si è venuta a trovare in quei terribili giorni.
Diario di poco più di un mese, dalla fine di aprile a quasi alla fine di maggio 1945. L'Autore è un trentacinquenne figlio e nipote di intellettuali istriani di lingua e tradizioni italiane. Mentre l'Italia è finalmente liberata dagli Alleati, a Trieste entrano dapprima le truppe neozelandesi, ma queste non si muovono verso l'Istria e anzi aspettano l'entrata in città (oltre a tutta l'Istria) delle truppe jugoslave, appoggiate dai comunisti locali. Iniziano subito omicidi, violenze, danneggiamenti, fino ad arrivare alle foibe. In questo mese il morale dei triestini passa dal nero più nero constatando la debolezza occidentale contro la forza bruta degli slavi al roseo quando sembra che finalmente i due marescialli (Tito e Alexander) si siano messi d'accordo. Il diario finisce con la fuga dell'Autore per evitare la deportazione in Jugoslavia.
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