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Dopo la morte della sorella, Maia ha interrotto gli studi a Parigi e si è trasferita con il suo compagno a Milano, dove non combina nulla. Gloria, invece, è un'influencer e a soli diciotto anni ha tutto quello che si può sognare. È quando Maia inizia a lavorare per Gloria che le loro vite cambiano per sempre. Le due ragazze intessono una relazione intensa e complicata che si dipana dietro le quinte del mondo virtuale a cui Gloria appartiene e che consente a entrambe, per la prima volta, di vedersi per ciò che sono realmente. È grazie a questo gioco di specchi che elaboreranno il senso profondo e oscuro del proprio passato e la natura dei desideri che le abitano, finché non saranno più in grado di distinguere ciò che è dell'una da ciò che è dell'altra. Sullo sfondo di questa amicizia, il contratto che tutti abbiamo sottoscritto con i social network, distorcendoci al punto da perdere la via per tornare a casa.
Proposto da Simonetta Fiori al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione:«Il profilo dell’altra è il primo romanzo che esplora dall’interno il mondo dei social e degli influencer, con la sua pletora di mestieri inutili, rituali grotteschi, travestimenti e ipocrisie del politicamente corretto, tutte quelle finzioni che coprono i vuoti del pensiero contemporaneo. Solo una ventenne avvertita come Irene Graziosi poteva raccontare con sapienza una rivoluzione culturale a cui abbiamo assistito distratti e per questo colpevoli, per poi mostrarci arresi alla nuova egemonia dei followers che oggi divora ogni aspetto dell’opinione pubblica, dall’informazione alla memoria e alle scelte elettorali. Perché Il profilo dell’altra non è solo un romanzo di formazione che riguarda la generazione di Maia, la image consultant della diva digitale acchiappa-like, ma parla del nostro tempo, minacciato da un mostro comunicativo che rischia di inghiottire la dimensione più autentica dell’esistenza. E anche il dolore che attraversa il romanzo restituisce costantemente il sentimento della perdita, con la morte volontaria di una sorella che diventa metafora della rinuncia a una vita degna di essere vissuta, al riparo dalle semplificazioni dei nuovi media. Se è vero che la letteratura deve cogliere attraverso l’invenzione il senso di verità che sta a cuore allo scrittore, il romanzo di Irene Graziosi colpisce nel segno, demistificando la grande recita di cui siamo prigionieri e nella quale rischiano di restare sempre più intrappolate le generazioni più giovani. Per questo lo candido al Premio Strega.»
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