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Opera millenaria e universale. Eschilo, traendo spunto da un celebre mito, penetra negli abissi dell’esistenza umana, attraverso la figura di Prometeo raffigura colui che va al di là, scatenando l’ira degli dei. Un’antica tragedia per un moderno spunto di riflessione riguardo le condizioni della nostra esistenza, la nostra tensione verso l’ignoto, il nostro anelare alla ricerca sempre di qualcosa di ancora celato ai nostri occhi, finché non ci sarà più niente da cercare e l’uomo sarà infelice. Infatti, attraverso le parole del tragediografo emerge, oltre l’importanza del valore della libertà, lo sconvolgimento dell’uomo che scopre e che si scopre.
Prometeo è il portatore del fuoco e, con esso, reca la luce ed il progresso presso il genere umano. Egli non si cura delle conseguenze del proprio agire ed è quindi pronto a sfidare Zeus ben sapendo che non riuscirà in alcun modo a prevalere. Il lettore, senza alcuno sforzo, si identificherà col personaggio di Prometeo col quale condivide l’aspirazione a migliorare la propria condizione, cosa che è invece invisa agli dei. Questo desiderio si scontra col volere di Zeus, sfocia nella tracotanza e richiede una punizione esemplare. L’opera è tutta incentrata sul personaggio di Prometeo, un ribelle che non accetta l'ordine precostituito da Zeus e che, anche nel momento di somma pena, ribadisce ai vari personaggi che gli portano conforto e consiglio sia il suo disprezzo per Zeus sia la fondatezza della propria azione. Anche quando si prospetta una via fuga, cioè rivelare l’unione amorosa con Teti che porrà fine al potere di Zeus, dimostra tutta la propria fierezza al cospetto del messaggero di Zeus, il dio Ermes, venendo quindi scagliato irreparabilmente in un burrone senza fondo.
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