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Psyché. Invenzioni dell'altro. Vol. 1 - Jacques Derrida - copertina
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Psyché. Invenzioni dell'altro

Descrizione


Recitano i dizionari che la parola occasione porta dentro di sé un rimando al caso, all’accidente, a ciò che è fortuito, ma simile connotazione, spesso giudicata negativamente, mette in ombra quanto ad essa si lega costitutivamente: l’incontro. I saggi che compongono il primo volume di "Psyché. Invenzioni dell’altro" sono stati ordinati da Jacques Derrida proprio a partire dall’idea che l’altro, in qualunque modo irrompa o si annunci, è sempre occasione di un incontro in cui pensieri, domande e sollecitazioni si ritrovano nell’unità di un’esigenza fondante e, nello stesso tempo, ambigua: giocare fino in fondo e senza protezioni la questione della verità. Una verità sempre inseguita e interrogata attraverso conferenze, studi, missive in cui mittente e destinatario scoprono – non senza difficoltà – di parlare una lingua che li supera entrambi, conducendoli altrove rispetto a progetti e attese: si tratti di Roland Barthes o di Lévinas, di psicoanalisi o di metafora, di impossibile definizione di «decostruzione» o di Platone, Derrida «prende la parola» nel senso letterale dell’espressione (vale a dire arrischiando la responsabilità verso l’altro a cui si parla) e lascia che essa parli al di là di intenzioni o desideri. I saggi qui riuniti sono dunque molto più che una semplice raccolta: in essi – scrive Derrida – si viene tratteggiando una «teoria discontinua» in cui i testi si richiamano e si corrispondono a partire dai «nomi propri» che ne innervano il procedere.
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Dettagli

2020
5 novembre 2020
Libro universitario
480 p., Brossura
9788816416499

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leo essen
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Derrida dice che non può darsi alcun significato (alcun effetto di senso, di valore, eccetera) senza la reificazione del significato nel significante – niente significazione senza corpo. Il Significante, dice Derrida (ripresa di Freud) non traduce, mediante un codice, un significato che all'occorrenza può essere trasmesso e ripristinato nella sua purezza primitiva. Bisogna rassegnarsi, dice Derrida-Freud [Freud e la scena della scrittura, La scrittura e la differenza]: lo stesso significato può rivestire un senso diverso, a seconda delle persone e del contesto. Questo fatto significa che, dice Derrida, la differenza tra significato e significante non è mai radicale. E siccome non è radicale, e il significante può presentarsi come significato (a seconda del contesto e della persona), non c’è traduzione, o sistema di traduzione.

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Jacques Derrida

(El-Biar, Algeria, 1930 - Parigi 2004) filosofo e saggista francese. Docente dal 1965 di storia della filosofia all’École normale supérieure di Parigi, è stato dal 1984 direttore di studi all’École des hautes études en sciences sociales di Parigi. Ha insegnato in molte università americane, tra cui Yale. Al 1967 risalgono le prime opere importanti, caratterizzate da uno stile metaforico e spesso oscuro, molto diverso da quello della tradizione filosofica francese: La voce e il fenomeno (La voix et le phénomène, 1967); Della grammatologia (De la grammatologie, 1967); La scrittura e la differenza (L’écriture et la différence, 1967). D. riprendendo in modo personale la nozione di differenza ontologica di M. Heidegger (l’irriducibilità dell’essere agli enti o alla loro somma), ha sostenuto che...

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