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Quaderni 1957-1972 (Adelphi, 2001) raccoglie in un unico volume i trentadue quaderni scritti nell’arco di quindici anni da E. M. Cioran, che rappresentano in pieno il nichilismo e il pessimismo esistenziale che caratterizzò tutta la vita del filosofo rumeno. Nel dicembre 1969 Cioran annota: «Mi aggrapperò a questi quaderni, perché sono l’unico contatto che io abbia con la “scrittura”. Da mesi non scrivo più niente». E aggiunge: «Ma questo esercizio quotidiano ha del buono, mi permette di riavvicinarmi alle parole, e di riversarvi le mie ossessioni e le mie ubbie…Niente è più inaridente e più futile della ricerca esclusiva dell’”idea”». Non particolarmente accattivante come edizione – stranamente, perché in genere le edizioni Adelphi sono espressione di qualità –, non l’ho trovata molto curata, avrei preferito una divisione del libro magari fatta con i vari quaderni, e non una sequela infinita di sue annotazioni, pensieri, ritratti, aneddoti e “schizzi”, ma una attenzione maggiore magari anche fatta per area tematica. Di seguito i pensieri che mi hanno più colpito: «Sono un filosofo urlatore. Le mie idee, ammesso che esistano, abbaiano; non spiegano nulla, strepitano». «Sono un mongolo devastato dalla malinconia». «Non perdere tempo a criticare gli altri, a censurare le loro opere; lavora alla tua, dedicale ogni ora del tuo tempo. Tutto il resto è disordine o infamia. Sii solidale con quanto vi è in te di verità e finanche di eterno». «Tenere un diario, quale testimonianza di impotenza a coordinare i penseri! È tipico di una mente discontinua, troncata alla radice, sostanzialmente complice e vittima delle fluttuazioni del tempo, del suo tempo. Incapace di meditare, si medita…È ancora filosofia, ridotta a calendario intimo». «In un libro su Bertrand Russell trovo questa giusta osservazione: Si può definire classico un libro che la gente crede di conoscere senza averlo mai letto». «Avevo una vitalità sconfinata; le mie emozioni l’hanno distrutta».
Cioran, o: l'autore che prese il Novecento così come veniva. L'ultimo cinico che l'Europa abbia contato fra la sua folta schiera
Vale per il mio amore per Cioran quello che lo stesso Cioran scrive di Bach: "Credo che riuscirei ad ascoltare Bach persino in una fogna". Si possono riassumere così le mille trafitture e i nodi indispensabili di questo libro portentoso, una confessione d'anima mai così imprecisa e proprio per questo così totalizzante da sfigurare ogni sincera partitura d'ordine e forma fra i mille destini delle lettere mondiali. Penso a quanto tormento sia costato un rigo a questo santo inquieto della propria rovinosa superiorità, penso alla delirante necessità del sentire che stona e tuttavia penetra nel più alto senso della vita col difetto e la mancanza propri dei cuori grandi. Una grandezza che inchioda e che atterrisce, ma gettandoci dentro semi di gioia, un coro di sorrisi tristi e amari che fanno da solida salvezza all'animo di chi legge. Libro immenso, il taglio e la garza uniti in un duello inevitabile, ma vince il primo, ed è felicità.
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