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Rosanna Oliva de Conciliis è una persona speciale, capace – con un ricorso alla Corte Costituzionale – di permettere alle donne di accedere a carriere nella Pubblica Amministrazione, cosa vietata fino al 1960. Ne ha parlato e ne ha scritto, consapevole di aver contribuito ad eliminare una grave discriminazione nei confronti del mondo femminile. I suoi testi sono stati recensiti in questa rubrica, sia il primo, che evidenzia l’iter del ricorso (scritto insieme alla professoressa Anna Maria Isastia – Vedi), sia il secondo che racconta la sua avventura alla nipotina Irene (vedi). Con «Quando il Vesuvio aveva il pennacchio», Oliva de Conciliis ci sorprende e ci affascina, perché racconta, con il garbo di una signora matura e con la leggerezza di una ragazza, la sua vita in una famiglia numerosa, benestante, affiatata, in cui ritroviamo l’atmosfera di tempi diversi da questo che viviamo, la presenza di nonni, zii, cugini, amici e vicini di casa. Ricordando le storie e le filastrocche che le raccontavano i genitori e la nonna materna Maria, l’autrice confessa che «Avrei volentieri raccontato a mia volta a voce le storie familiari ai miei figli e nipoti, aggiungendovi i miei ricordi personali, seguendo il filo rosso della napolitudine, ma le abitudini e i ritmi di vita cambiati me l’hanno impedito». E dunque scrive, perché non si perdano storie e ricordi…e inizia ogni capitolo con una favola, da Biancaneve a Pollicino, ecc. ecc. fino a Pulcinella che «urla davanti a un piatto di carne cruda: la stava stordendo a suo modo» semplicemente per portare a metà cottura una fetta di carne (la carne stordita). In realtà, da questi capitoli, non emerge soltanto la vita di una famiglia, le case abitate, le vacanze a Marianella o a Capri, ma anche la storia di una città e gli eventi che l’hanno attraversata. Non a caso, Oliva premette: «Chiedo scusa in anticipo per eventuali errori ed omissioni: ho scritto i miei ricordi e non un libro di storia».
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