Se dio decidesse di discendere nuovamente sulla terra, disciolto dal vincolo di dispensare a ciascuno il castigo o la ricompensa secondo le proprie colpe o i propri meriti, il santissimo preferirebbe una fugace comparsa su un
format tv in diretta globale o una ierofania a reti unificate. Invece, è nei panni di un tatuatore scaltro e corpulento che la fantasia "randomica" di Franceschini sceglie di incarnare il nume. Segno dei tempi. Che sia comodo leggervi un'allegoria o più semplicemente un
divertissement letterario e bizzarro, le ragioni sono da ricercare più nei dettagli e negli effetti che questo romanzo surreale e comico, a tratti sornione con le questioni spinose della teologia, produce sul lettore, prodigo di espedienti narrativi originali e stravaganti che si diramano copiosi come rivoli nel fiume della narrazione (per esempio, l'immagine del papa
groupie che si fa un piercing in lode al signore). Mirka è una quindicenne scafata e unico punto di vista scanzonato della vicenda, orfana in fuga che uno zio maldestro, Ludovico (un ragazzo "sui trentacinque, belloccio, svagato, coi suoi ragionamenti slegati come lacci di scarpe di un bambino"), ha rapito inverosimilmente per allontanarla dai nonni arcigni e tiranni, dopo che i genitori hanno pensato bene di compiere un gesto assoluto e straniante che li legasse indissolubilmente: suicidarsi entrambi. Nella sua corsa rocambolesca, assillata dal movente oscuro della scelleratezza dei suoi familiari ("così che possa mettervi da parte, amarvi di nuovo o odiarvi ancora più forte a seconda delle risposte") e inseguita sia dalla polizia che dai giornalisti, Mirka incapperà, tra furti di autobus abbandonati in doppia fila e irruzioni dentro studi televisivi kafkiani, in una umanità eccessiva e straripante di personaggi
borderline, tutti indaffarati nei preparativi per l'accoglienza del Creatore. Anche se si sottoporrà con pazienza chirurgica e con la dedizione acerba di ogni adolescente a ogni genere di ammaestramento, non troverà risposte in grado di lenire un dolore muto e impronunciabile come la perdita delle persone amate. In fondo, "Dio dà solo risposte che ti dissuadono dal combattere", ci suggerisce l'autore. Alternando momenti di riflessione compunta ad altri di grottesca comicità, dialoghi surreali a scene di divertente
slapstick, lo sguardo obliquo di Mirka lambisce i temi inestricabili della fragilità umana, l'egoismo e la dolcezza dell'ingenuità di fronte al dramma, la capacità di reagire o di lasciarsi andare alla corrente, la volontà di separarsi dal passato e il dovere di consegnarsi al futuro. Alfredo Nicotra