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Libro incluso nella cinquina finalista del Premio Strega 2025
Presentato da Salvatore Silvano Nigro nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2025.
Nadia Terranova ci consegna con queste pagine il suo romanzo più personale e più intenso, che ci interroga sul potere della memoria, individuale e collettiva, e sulla nostra capacità di attraversarla per immaginare chi siamo.
«La incontro spesso in sogno, la mia bisnonna: una donna minuta e silenziosa sulla soglia di un manicomio che sarebbe diventato un esilio, un luogo di cui avrebbe parlato con un distacco sempre più irreale fino a non nominarlo più, come accade ai ricordi che abbiamo sciupato. Il nome con cui la chiamo è Venera, l'accento sulla prima sillaba e la a finale, come una dea o un pianeta che hanno deciso di barare e cambiare le carte sulla tavola.»
«L'andirivieni tra passato e presente, spesso annullato dall'incredibile fusione tra questi momenti, condiziona la struttura del libro, volutamente ibrida, tra autobiografia e testimonianza familiare, con qualche momento metaletterario e rapidissime incursioni nella storia della psichiatria. Dunque, non è la linearità a far da padrona in Quello che so di te, ma un ordine capriccioso che alterna all'urgenza della scoperta la riflessione più pacata sull'essere madre e nipote.» - Critica Letteraria
«Quello che so di te ci mostra che non sappiamo mai niente, di noi stessi, degli altri, dei nostri sogni o incubi.» - Sandra Petrignani, Il Foglio
«Una storia di silenzi e di mistero. Una ricerca ostinata. E una scrittrice che usa l'autobiografia per sabotare la verità.» - Lisa Ginzburg e Sabrina Minardi, L'Espresso
«La prosa possiede qualcosa di eccitato, una tensione sottile: una scossa elettrica percorre l'intero racconto.» - Marco Belpoliti, la Repubblica
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Forse non l’ho capito , ma questo libro è veramente noioso, senza fondamento e non ho ancora capito cosa l’autrice ci voglia dire Ingigantisce un episodio successo alla bisnonna chiamando follia un esaurimento post partum con ricovero di 11 giorni in struttura (allora chiamato manicomio) che nulla a che fare con follia Trasferisce all’’antenata pensieri toppo “moderni” per essere appartenuti e generati da una donna del 1900 , mentre invece attacca e critica il marito (il bisnonno) senza mostrare empatia o sensibilità, troppo femminismo Difficilmente non porto a termine un libro ma questo non mi sta regalando proprio nulla. Smetto a circa metà
Un libro davvero pesante e noioso. L’idea iniziale, indagare sulla vena di follia della propria famiglia, poteva essere interessante, ma dí questa spaventosa follia non vi è traccia: l’autrice soffre di una leggera depressione post partum, mentre la bisnonna venne ricoverata nel 1928 per ben 11 giorni!!! In quello che allora era un manicomio , per un esaurimento nervoso, prassi del tutto normale all’epoca. Quindi diciamo che manca proprio la materia prima su cui sviluppare il tema.
Raramente non finisco un libro, ma questo l'ho trovato davvero pesante e noioso. Sconsigliato.
Recensioni
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