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Anno edizione: 2015
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E’ un libro che io ho letto molto velocemente, considerata la mole, perché la curiosità era taaanta e mi spronava ad andare avanti fino a tardi – inoltre lo stile facilita la lettura perché non è molto complesso. Questo è sicuramente un punto a suo favore, è stato capace di farmi dimenticare letteralmente del mondo esterno quando leggevo, essere curiosi si rivela spesso una buona cosa. D’altro canto bisogna anche dire che la storia ti lascia spesso confusa e con molte più domande che risposte e anche la fine non mi ha soddisfatto pienamente, avrei preferito avvenimenti leggermente diversi. Il genere in sé non è dei miei favoriti, le taaaaantissime digressioni religiose – certo c’era anche da aspettarselo considerata la trama – non sempre mi hanno allietata, ma tutto sommato sono contenta di averlo sperimentato, anche se non penso rifarò l’esperienza.
Esco decisamente fuori dal coro. A me questo libro è piaciuto tantissimo. E' scritto accuratamente e i personaggi sono ben delineati. L'argomento trattato presenta elementi originali come, ad esempio, lo sguardo sul mondo ortodosso e la vita quotidiana di un prete cattolico orientale con un figlio. Di noia neanche a parlarne. L'ho letto in due giorni e l'ho trovato davvero avvincente. Naturalmente l'argomento religioso deve interessare, altrimenti meglio orientarsi su altri generi. Per quanto mi riguarda: consigliatissimo!
Una lettura nella media, niente di entusiasmante, a volte confuso, ricco di dettagli e notazioni storiche che rallentano il ritmo. Personaggi abbastanza caratterizzati ma che non riescono a coinvolgere fino in fondo. L'ho terminato con fatica e senza entusiasmo. Non lo consiglio a meno che non si è interessati ad approfondimenti teologici.
Recensioni
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“La caserma delle guardie svizzere si trova in fondo alla strada in cui abitiamo. Agli estranei è vietato l’ingresso, ma dopo la morte dei nostri genitori io e Simon avevamo passato parecchie nottate in quei corridoi” (p. 42).
Ecco qual è il primo elemento per cui chi legge si trova inesorabilmente e magneticamente attratto dal racconto: agli estranei è vietato l’ingresso. Il setting: il Vaticano.
Nei ringraziamenti, che di solito tralascio ma in questo caso non ho potuto fare a meno di divorare, come il resto del libro, Ian Caldwell ci annuncia che ha impiegato dieci anni per scrivere Il quinto vangelo. Per la minuzia con cui sono descritti i particolari del microstato più conosciuto e al contempo segreto che si conosca, in termini di luoghi, storia, persone e curiosità bibliche/teologiche, forse sono anche pochi.
Per la gente qualunque, come me e come la maggior parte di voi, “Vaticano” è una parola che racchiude tutto e basta a se stessa. Una chiesa immensa, delle mura, e qualcosa che si immagina come un unicum, senza nemmeno farci troppa attenzione. Caldwell lo disseziona come in un’autopsia, ne passa in rassegna case, caserme, persino ascensori e gabinetti, preti, suore e bambini (già, ci sono anche quelli, in Vaticano). Lo mostra cosi apertamente ai lettori che non si capisce mai dove finisca il vero e dove cominci l’invenzione. E si è portati costantemente a googlare ogni notizia che il libro riporta: Taziano è veramente esistito? Il Diatessaron è stato scritto? Papa Wojtyla ha mai avuto un “assistente” di nome Kowalsky?
Potrebbe essere che Il quinto vangelo sia, come recita la quarta di copertina, un must per i fan di Dan Brown, ma mentre nel caso dello scrittore di Exeter si ha l’impressione di addentrarsi dentro a un mondo di segreti incomprensibili, qui il viaggio è opposto, è dalle viscere della Chiesa intesa come Stato e come comunità che si parte, e se ne esce portando fuori l’inverosimile. Il tutto grazie a due fratelli, tanto legati quanto diversi, che si ritrovano a tentare di conciliare cristiani ortodossi e cattolici, orientali e occidentali, e a sperimentare la differenza tra sognare ad occhi aperti e restare accecati dalla luce. Scoprirete come nello Stato Pontificio si annidino lupi e agnelli, ma nel bene come nel male la caratteristica comune è che sono persone disposte a tutto (tutto) per difendere un ideale, giusto o sbagliato che possa apparire. Più di quattrocento pagine da inghiottire in un soffio.
Recensione di Micol Rigamonti.
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