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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2005
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Pincio è uno dei miei scrittori italiani preferiti (ho adorato Panorama e Un amore dell'altro mondo), ma se avessi iniziato a leggerlo da questo libro, non avrei letto altro di suo. È una storia molto confusa, in cui certamente viene tutto spiegato nel finale, ma nel mezzo c'è parecchia nebbia, o polvere, come di dice nel libro. Una ragazza viene rimorchiata in un fast food da un uomo ed accetta di andare via con lui, non sapendo dove e con chi. Le atmosfere sono quelle americane anni Sessanta e Settanta, forse è un tentativo di raccontare in modo disillusorio le illusioni dell'epoca, ma io sinceramente ho fatto davvero molta fatica ad arrivare alla fine, e a trovare la voglia di arrivarci.
Un libro imprevedibile, del tutto bizzarro e che pure, per qualche miracolo, riesce a suonare del tutto sincero. Un libro che ti riempie di sensazioni inattese. Bello.
non avevo mai avuto il piacere di leggere un libro così forte.. sono rimasta abbastanza colpita quando leggevo il comportamento di vari personaggi hippy...mi sembrava assurdo,solo frutto della fantasia dell autore!!! e invece mi sono ricreduta di tutto,chiedendo ad una parente ormai anzianotta,di cosa pensava del sistema,come reagiva a tutte queste pressioni!! lei giustamente con occhi pieni di commozione mi disse che ormai nel 2006,i giovani,o comunque coloro che si credono hippy,lo fanno solo per vedersi buttati negli angoli delle strade,con qualche fiore tra i capelli...beh,sicuramente è stato un colloquio molto importante,bastava solo notare negli occhi della mia interlocutrice quel sentimento di non ritorno,ma sempre stampato nella sua mente!!alla fine di tutto,chissà se ci sarà ancora-casomai nel 2050-,un periodo come quello degli hippy???grazie daniela
Recensioni
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Tommaso Pincio, a ben vedere, è uno scrittore che non ci appartiene. Racconta le sue storie aperte e svagate con la disinvoltura del cittadino di un mondo in moto perpetuo, alla ricerca di una qualche verità fondamentale sepolta in fondo al tempo. Ci parla di un'America sfiorata dal Grande Sogno, cova entusiasmi adolescenti protratti all'infinito, cerca di stabilire il punto di partenza dei nostri errori planetari, ricordandoci che c'è stato un momento - uno solo - in cui forse abbiamo perso la coincidenza verso la serenità e la fiducia. Gli antieroi di Pincio non ci appartengono in diretta, dunque, poiché fanno parte di quelle grandi utopie arrivate a lambirci da oltreoceano in tempi di boom economici e rivolte studentesche, Cantagiri e amore quasi libero, spinelli e sceneggiati tv per famiglie: il tutto sepolto sotto le prime bombe della pseudo-rivoluzione armata. Pincio è quindi il cantore non americano di un'America sognata nei suoi risvolti più estremi, là dove l'idea della fuga è rimasta ad aleggiare nelle intenzioni - almeno da noi - risolvendosi in una successiva generazione di turisti a tempo pieno.
Se Pincio fosse davvero figlio naturale di Thomas Pynchon la cosa non ci stupirebbe. Le sue storie smarrite si perdono in una percezione tutta privata dei cambiamenti sociali, e ogni singolo personaggio riconduce a un evento, stabilisce un nesso epocale, si frantuma in fondo al tunnel dei sogni collettivi. Anche in questo nuovo lavoro Pincio ci conduce per mano tra le strade polverose di un'America contemporanea, in una città di frontiera - Cloaca Maxima - dove sorgono i più grandi escrementifici del paese. In questa dimensione flatulenta ed estremista si ritrova a pesare la sua solitudine la giovane, carinissima Laika Orbit: il nome parrebbe un programma ma lo diventa solo in parte, in quanto le strade del sogno di Pincio prendono quasi subito una nuova direzione. Laika ha seguito fino alla depressione cosmica di Cloaca Maxima uno sconosciuto che l'ha abbordata in un bar, e ora attende il suo ritorno, alle prese con polveri tossiche e stupri più sognati che reali. Ma attende invano, la tenera Laika, poiché lo sconosciuto e il suo creatore si sono spinti lontano, indietro in un tempo in cui l'America viveva il suo sogno di libertà totale. È il 1957, quando la sedicenne Kinky Baboosian fugge dal suo villaggio senza storia dopo aver scoperto che suo padre non è il suo vero padre. Kinky rappresenta l'idea on the road di un'America che vuole cambiare; il '57 - tra l'altro - è l'anno in cui Kerouac pubblica il suo manifesto della grande fuga. Kinky attraversa gli anni sessanta vivendo tutte le utopie possibili, dalla droga alla vita di gruppo, dall'amore libero al sogno dell'Oriente, e il figlio che nasce da questa sua storia senza pause è un essere strano, un piccolo Budda imbronciato che non parla ma osserva. La storia di Kinky si perde con le sue utopie, e la vita di questo figlio nato dal sogno della libertà si confronta con tutte le trasformazioni dell'America, che già con la guerra del Vietnam mandano in soffitta le vecchie speranze di amore universale.
Il figlio di Kinky attraversa la Storia e incontra la solitudine di Laika, ricongiungendosi alla polvere del presente. In questa dimensione generazionale Pincio mette a nudo gli errori dei padri e le paure dei figli, lasciandoci capire - una volta di più - che davvero c'è stato un momento in cui sarebbe bastato un grande respiro collettivo per cambiare il mondo. Poi, chissà come, qualcuno ha trattenuto il fiato e il mondo è esploso. A questo punto vorremmo tanto che Pincio tornasse a casa e ci raccontasse i nostri sogni, le nostre province, anche se in lui la dimensione dello scrittore totale è evidente, naturale, matura. Tommaso Pincio non ci appartiene, dunque, perché non possiede la caratteristiche tipiche dell'italico scrittore. Ma ci piace, e forse proprio per questo.
Sergio Pent
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