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Anno edizione: 2021
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Viviamo in un mondo affollato di parole; vogliamo davvero impiegarle senza gustarcele? Non sarebbe piú soddisfacente pensare alla lingua come al territorio delle infinite possibilità?
«Per quanto complicato, per me un sistema in cui tutte le persone comunicano è preferibile a uno in cui la comunicazione è in mano a un'élite, un'aristocrazia del tutto aleatoria; comunica chi ha il potere, lo sappiamo. Dobbiamo imparare a usare la voce pubblica, non credo che sia un processo degenerativo, anzi sono convinta che ci troviamo in una fase di passaggio nella quale stiamo imparando a usare a nostra voce pubblica.» – Da un'intervista di Vera Gheno su Alias - Il Manifesto
Guardiamoci intorno: quante sono le persone che intervengono nelle discussioni senza alcuna competenza specifica pensando di averla? Quanti criticano gli esperti con un «Io non credo che sia cosí» dall’alto di incrollabili certezze? Ci siamo abituati un po’ troppo a parlare e a scrivere senza fermarci prima un attimo a pensare, e rischiamo cosí di far sempre piú danni. Perché le parole non sono mai solo parole, si portano dietro visioni differenti della realtà, tutte le nostre aspirazioni e le nostre certezze: ovvio che possano generare conflitti e fare male. Ma possono anche generare empatia e fare del bene, se impariamo a usarle meglio. Vera Gheno indaga i meccanismi della nostra meravigliosa lingua, e lo fa con la leggerezza calviniana di chi ammira il linguaggio senza peso perché conosce il peso del linguaggio. E in queste pagine, lievi ma dense, distilla un «metodo» per ricordarci la responsabilità che ognuno di noi ha in quanto parlante. Un metodo che si fonda innanzitutto sui dubbi, che ci devono sempre venire prima di esprimerci: potremmo, nella fretta, non aver compreso di cosa si sta davvero parlando, capita a tutti, anche ai piú «intelligenti». Poi sulla riflessione, che deve accompagnarci ogni volta che formuliamo un concetto. E infine sul silenzio, perché talvolta può anche succedere, dopo aver dubitato e meditato, che si decida saggiamente di non avere nulla da dire.
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Un bellissimo viaggio nelle parole (etimologia, senso, uso...) con un metodo molto interessante DRS: Dubbio, Riflessione e Silenzio. Ho molto apprezzato la parte sul silenzio, di cui credo ci sia un gran bisogno per ascoltare ed entrare meglio nelle parole.
Vera Gheno lavora come sociolinguista. Non sapendone nulla, prima di iniziare a leggere questo saggio, ho preferito documentarmi sull’autrice (sia benedetta la Rete!). Ho scoperto così che adora i tatuaggi, tra quelli visibili, in uno di questi, è scritto: “Fear is the mind killer” (la paura uccide la mente). Mi chiedo: l’Accademia della Crusca accetta collaboratori con tatuaggi? Inoltre ama i gatti, a quanto pare ne ha tre: Lilo, Tilde e Schwa (nome terribile da affibbiare ad un micio. In compenso ha il merito di potersi sintonizzare su Capodistria con le orecchie). Vedere foto allegata. Un suo ammiratore (o detrattore) è convito che abbia preso la laurea “con i punti del latte o del lattaio.” Possiede una specie di jukebox involontario che la fa cantare solo due canzoni “Umbrella” e “Amore e Capoeira”. Utilizza (spiegandone il senso) parole come : quindisti, grammarnazi, flaggare, minchiarimento, cunnilinguistica, ghostata, hateholder, triggerare, flexare, cringiare, nabbo. Tutto questo per dire che vale la pena leggere “Le ragioni del dubbio. L’arte di usare le parole.” Cosa faccia esattamente una sociolinguista non credo di averlo capito.
Recensioni
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