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Anno edizione: 2021
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Indice
I miei luoghi deserti
Questo luogo non è più un luogo, questo paesaggio non è più un paesaggio. Non c'è più un filo d'erba, non una spiga, un arbusto, una siepe di fichi d'India. Il capitano cerca con lo sguardo i limoni e gli aranci di cui gli parlava Vita — ma non vede neanche un albero. Tutto è bruciato. Incespica di continuo nelle buche delle granate, lo avviluppano cespugli di filo spinato. Ecco, qui dovrebbe esserci il pozzo — ma i pozzi sono avvelenati da quando ci hanno gettato dentro i cadaveri dei fucilieri scozzesi, caduti durante il primo assalto alla collina. O forse erano i tedeschi. O i civili. C'è odore di cenere, di petrolio, di morte. Non deve distrarsi, perché la strada è disseminata di bombe inesplose. Sono qui, panciute al centro della strada, come carogne. Dozzine di caricatori vuoti, fucili inservibili. Bazooka arrugginiti, tubi da stufa da 88 millimetri abbandonati da tempo e già coperti di ortiche. Asini morti, gonfi d'aria come palloni. Grappoli di proiettili come sterco di capra. Ossa scarnificate che affiorano dal terriccio. Il capitano si copre la bocca col fazzoletto. Non era questo — mio Dio, non era questo.
"La storia di una famiglia senza storia è la sua leggenda. La leggenda che di generazione in generazione si arricchisce di particolari, nomi, episodi. La leggenda tramandata nella distratta indifferenza dell'infanzia - poi ritrovata troppo tardi, quando nessuno può rispondere alle domande più semplici, necessarie e assillanti, quelle di sempre - chi sei, da dove vieni, di quale destino sei l'ultimo anello".
All'inizio del '900 due bambini, Vita e Diamante, sbarcano a New York da un transatlantico di emigranti che li ha tolti da un'esistenza miserabile in un paesino del Casertano per gettarli in un'esperienza altrettanto miserabile ma ancora più pericolosa e disperante nel ghetto italiano di Downtown, dove l'unica a prosperare è la famigerata Mano Nera. I due ragazzini sviluppano fra loro un fortissimo legame, un'ancora di speranza per un futuro migliore insieme, che si promettono di realizzare nonostante le mille peripezie che li divideranno; ma il tempo e la lontananza distruggeranno ogni illusione di felicità. Dopo dieci anni, Diamante rimpatria da solo, segnato da una malattia debilitante e da un intimo rancore che velerà di tetraggine tutto il resto della sua vita e anche la famiglia che da lui discenderà. Vita, che restando in America finalmente arriva all'agiatezza, dopo la seconda Guerra Mondiale tornerà in Italia per cercare Diamante e con lui ricostruire i suoi sogni, ma sulle macerie del cuore non allignerà che la delusione.
Il cognome di Diamante è Mazzucco: il romanzo della sua vita è ricreato, sulla scorta soltanto di pochi documenti e reticenti ricordi familiari, da sua nipote, Melania G. Mazzucco, che dopo il premiatissimo Lei così amata, dedicato alla "bella e dannata" Annemarie Schwarzenbach, conferma la sua maestria nel portare allo scoperto i livelli più nascosti e sfumati di storie vere, rivissute con concentrata partecipazione, attraverso un arsenale letterario vigoroso e intelligente.
Senza seguire l'ordine cronologico delle vicende, ma alternando epoche e scenari secondo l'onda dei ricordi e gli spunti della propria attività di ricerca, l'autrice stessa è tra i protagonisti di questa storia familiare, Vita, che attraversa il secolo e i continenti riportando a galla le dolorose cicatrici del nostro popolo di emigranti. Il titolo del romanzo non a caso privilegia, invece del nonno, la donna amata irragionevolmente perduta, che aleggia più come immagine della fantasia che della memoria, e il cui nome sembra raggiungere, alla fine, un valore metaforico.
A cura di Wuz.it
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