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Vincitore del Mistery Writers of Japan Award. Votato come miglior romanzo giallo giapponese. Nomination per il Naoki Prize. Nomination per il Booksellers Award. Nella selezione ufficiale di “Books for Japan”
«Mescolando la saga familiare con la storia, l'allegoria e un pizzico di realismo magico, Sakuraba aspira a trasporre Cent'anni di solitudine nella campagna giapponese» – Internazionale
«Per capire una volta di più che il cuore pulsante della storia del mondo è femmina» – D di Repubblica
Appassionante saga familiare che narra di tre generazioni di donne nel dopoguerra giapponese
Manyo, un'orfana nata con l'abilità di profetizzare come una novella Cassandra, viene adottata dalla ricca e potente famiglia Akakuchiba e ne sposa in seguito l'erede. Nel corso della sua vita avventurosa non rivelerà mai le sue predizioni sul futuro, inclusa quella della prematura morte del suo primo figlio. La figlia di Manyo, Kemari, trascorre la sua giovinezza ribelle insieme a una gang di motociclisti, sempre in sella, per diventare un'artista comica amata da tutto il Giappone e la nipote, Toko, si sente un'"inutile" giovane donna, ma si impegna a risolvere il mistero delle ultime parole pronunciate da Manyo in punto di morte: "Sono un'assassina". Nel cinquantennio di drastici cambiamenti che ha coinvolto il Giappone a partire dal dopoguerra e attraverso la Guerra Fredda, dalla fase della bolla economica fino al Ventunesimo secolo, il destino degli Akakuchiba ha alti e bassi, e così anche quello delle donne della famiglia.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro molto interessante che riesce a fondere diversi campi (mistery, sovrannaturale, racconto sociale) in maniera equilibrata, cosa assolutamente non facile e scontata, e dai personaggi ben stilizzati...
Ho apprezzato molto questo libro, il cui fascino penso risieda nella durata dell’arco narrativo, che copre circa una cinquantina d’anni. Attraverso i racconti di vita di Man’yo, della sua primogenita e di sua nipote, siamo testimoni dell’evoluzione del Giappone dal dopoguerra fino al presente, dell’evoluzione dei valori di questo paese e dell’avvento del dualismo sempre più marcato tra la tradizione e l’occidentalizzazione. Tutto questo ci viene presentato attraverso gli occhi di tre donne appartenenti a tre generazioni diverse, ed è interessante osservare come questi tre punti di vista diversi si susseguono e si intrecciano naturalmente. Consiglio questo libro a chi è appassionato di Giappone, di romanzi familiari e anche di storie che presentano elementi magici e misteriosi
Molto carino ma mi aspettavo qualcosa di più, in certi momenti mi sono un po' annoiata leggendolo. Resta comunque una lettura che mi sento di consigliare, magari a qualcuno potrà piacere più che a me
Recensioni
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Questo romanzo ha il sapore dei lungometraggi anime di Myazaki e compie un viaggio attraverso tre generazioni di donne giapponesi, a partire dal 1953. La nonna, Man’yo, una trovatella che viene cresciuta da una giovane coppia, nonostante quel suo “non so che di inquietante” che la rende “un pochino pochino diversa da noialtri”. Man’yo ha “la pelle nera e fisici robusti” e fa “strane predizioni” perché talvolta riesce a vedere eventi futuri.
Nella vita di Man’yo passano personaggi particolari, come Midori “dagli occhi sporgenti”, detta Telescopio, con la quale ha un rapporto conflittuale che muterà nel corso degli anni. Akakuchiba Yoji, un accanito lettore onnivoro, figlio di una ricchissima famiglia proprietaria della fonderia Tatara, che abita nell’enorme palazzo che sovrasta la piccola cittadina di Benimidori. Man’yo lo incontra per la prima volta per caso, durante un temporale, all’interno di un locale dove aveva trovato riparo e ne fa questa descrizione: “Illuminato dai riflessi della luna che filtravano attraverso il vetro della finestra, il volto bianco di quel ragazzo altissimo simile a una zucca a fiaschetta acerba e rinsecchita seduto di fronte a Man’yo brillò come la muta bagnata di un serpente albino”. Si sposa con lui nell’agosto 1963, in pieno boom economico giapponese, simile per molti aspetti a quello nostrano, dove è sovrana la cosiddetta “trinità”: televisione, lavatrice, frigorifero.
In realtà Man’yo è innamorata dell’uomo di una sua visione, che lei ha soprannominato Monocchio e al quale un giorno riuscirà a dare un vero nome.
La seconda generazione è quella della “pelosa” Kemari, secondogenita di Man’yo.
“La piccola palla di pelo la stava fissando con sguardo affilato, e Man’yo lanciò un grido di spavento prima di perdere i sensi e crollare. Tatsu invece non poteva essere più allegra, e nel frattempo aveva già pensato al nome da assegnare alla nuova arrivata. Si sarebbe chiamata Kemari, “palla di pelo””.
La pelosa Kemari crescendo diventerà bella da mozzare il fiato ma con un carattere terribile e insopportabile. Una teppista che gira in moto con la sua gang di ragazze motocicliste, che ama fare a botte e si innamora solo di ragazzi bruttissimi. Kemari è la donna “temeraria e di ferro” che teme solo gli sgambetti delle anime dei defunti.
E infine c’è la terza protagonista, l’io narrante del romanzo.
“E così siamo finalmente arrivati al presente. Io, Akakuchiba Toko, la vostra narratrice, non possiedo nuove storie da raccontarvi. Dico sul serio, nemmeno una. Sono l’indegna nipote di Akakuchiba Man’yo”.
Mi sono divertita ed emozionata a leggere questa storia che ci avvicina a un Giappone che, per molti versi, è attraversato da eventi simili a quelli italiani: il boom economico e la successiva crisi, i problemi ambientali, le lotte studentesche, il bullismo, lo sfruttamento della prostituzione, la disoccupazione, la violenza giovanile, i pregiudizi di genere. E la vivace narrazione di Sakuraba Kazuki, cognome e poi nome, secondo l’usanza nipponica, ti trascina e ti fa amare tutti i personaggi, donne e uomini, pochi esclusi.
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