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Le atmosfere cubane piene di colori, profumi, corpi, riti magici vengono ben rappresentate senza filtri, da leggere
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Una Teresa Batista in versione travesti, la Fátima di Miguel Barnet, prima e più importante nell'economia di questi racconti tra le sue Regine dell'Avana: con la protagonista di García Márquez, "la veterana del primo squadrone di travestiti dell'Avana", oltre a essere una prostituta bellissima e molto ambita, che a fasi alterne, segni di un destino immobile, sprofonda e risale da un'esistenza di miseria, dolore e violenza, ha in comune il farsi viva testimonianza di un ambiente, la dura realtà quotidiana dei bassifondi della capitale cubana di oggi, in cui affiorano usanze e tradizioni delle culture africane, in modo particolare di quella nigeriana yoruba, con i riti della santería e i sincretismi che ne sono discesi (non a caso Fátima designa anche una Vergine mulatta), a cui l'autore è solito ispirarsi.
Nato all'Avana nel 1940, Miguel Barnet è un intellettuale di primo piano della Cuba contemporanea, per dieci anni ambasciatore presso l'Unesco a Parigi e oggi, fra il resto, vicepresidente dell'Unione degli artisti e scrittori di Cuba. Oltre che poeta, narratore e saggista, Barnet è etnologo, e da qui deriva il suo costante interesse per quella che lui, un bianco, ha sempre riconosciuto come una vera e propria presenza nella cubanidad, cioè la cultura nera, l'eredità africana, mai disgiunta nel suo impegno letterario e sociale dal tema dell'integrazione e dalla lotta contro la discriminazione razziale, radicata quest'ultima, malgrado le leggi rivoluzionarie, nella storia di Cuba.
Dall'esperienza di etnologo era nato anche, nel 1966, il libro che l'aveva reso noto a livello internazionale, tradotto in più di sessanta lingue, Autobiografia di uno schiavo (Einaudi, 1968; riedito nel 1998), da cui nel 1969 Hans Werner Henze trasse un racconto musico-teatrale basato sull'adattamento in tedesco di Hans Magnus Enzensberger. A seguito del suo incontro con Esteban Montejo, un cimarrón, un ex schiavo fuggiasco che all'epoca aveva centoquattro anni, Barnet ne registrò la storia di vita e la ripropose in una sorta di romanzo-documentario in forma di monologo, che riproduceva la parlata del protagonista nel ripercorrere le tappe della sua esistenza, dalla durezza della schiavitù nelle piantagioni di canna da zucchero alla fuga, fino alla guerra d'indipendenza dalla Spagna negli anni 1895-1902, anche qui con molte descrizioni di cerimonie religiose afrocubane, balli e altri usi sociali.
Oltre a Fátima, racconto concluso nel 2005, destinatario nel 2006 del premio Juan Rulfo dedicato agli autori latinoamericani da Radio France International ma ancora inedito a Cuba, "forse non casualmente" come sostiene il curatore Gaetano Longo, il volume comprende altri sette, più brevi, ritratti di donne cubane, scritti da Barnet in un arco di tempo lungo, dagli anni settanta ai novanta, finora tutti inediti in Italia tranne Rachel, un frammento del romanzo Canzone di Rachel, pubblicato da Einaudi nel 1972 con un'introduzione di Calvino, ambientato al teatro Alhambra nel periodo precastrista. Il libro è scandito in due sezioni, Le Regine
e
le altre: la prima, insieme a Fátima, contiene Miosvatis, evanescente figura di un'altra prostituta che emerge solo dalle parole di un "fidanzato" tedesco, della sorella e di una vicina di casa impicciona. La seconda parte presenta schegge di altre donne, a comporre un mosaico di una Cuba al femminile, trasversale alle generazioni e alle classi sociali.
Giuliana Olivero
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