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Ho letto "IL REGNO DEL RAGNO" di Carlo Menzinger (edizioni Porto Seguro), secondo volume della saga "VIA DA SPARTA" dove continuano le avventure di Aracne, la schiava ribelle che sfugge al suo destino già segnato. Siamo nell'Impero di Sparta, in un universo divergente e alternativo dove ai giorni nostri Sparta domina su metà del pianeta. Rispetto al primo volume qui l'orizzonte narrativo si amplia fino a includere anche le terre asiatiche, dove è in corso una grande guerra tra Sparta e Nippon (Giappone, l'altra grande potenza mondiale) e sperdute isole dell'oceano dove vivono bambini tenuti lontani dal mondo in un grande inganno, da sacrificare per la sete di potere degli uomini. Aracne insieme al suo piccolo Lucius che ha appena partorito lega la sua storia alla sua nuova padrona Nymphodora, che la trascinerà verso un nuovo sogno di libertà lontano da Sparta. Ma le cose si complicano, perché c'è qualcuno che si mette sulle tracce di Aracne per catturarla. Perché Aracne è un essere speciale, come dimostra il misterioso tatuaggio di un ragno che ha sulla fronte. Come e forse anche meglio che nel primo volume Carlo Menzinger riesca costruire una storia ucronica avvincente che mescola guerra e avventura, tecnologia e genetica, amore e amicizia. Una realtà parallela alla nostra dove la storia ha seguito un altro corso, con un sottofondo filosofico che apre mille domande: sulla natura della nostra libertà, sui sogni che ci spingono a vivere, sui nostri ristretti orizzonti mentali che posso aprirsi a nuovi mondi. Una lettura consigliata a chi ama il genere ucronico e i romanzi di avventura.
“VIA DA SPARTA” descrive un presente alternativo in cui gli ultimi 2400 anni di storia si sono svolti diversamente. Sparta ha vinto a Leuttra contro Tebe, sconfitto e distrutto Atene. Dunque, niente neoclassicismo, rinascimento, rivoluzione francese. Sparta è ora un grande impero. “IL REGNO DEL RAGNO” narra le avventure di due ragazze in questo nostro presente stravolto e mutato. Tutto è molto diverso. Per esempio, ogni lusso è abolito, persino i vestiti, mollezze barbariche. La società è divisa tra una piccola classe dominante di spartiati e un gran numero di schiavi iloti. Uomini e donne vivono separati. Gli uomini si occupano solo di guerra e politica, le donne di tutto il resto. Ogni donna può avere più mariti. Omosessualità e pedofilia sono normali. L’eterosessualità, ostracizzata, è riservata alla sola procreazione. Anche l’amore è ben diverso, senza romanticismo e amor cortese. Aracne, una schiava pubblica ilota, violentata per l’ennesima volta, fugge dalla provincia dell’Impero per cercare un mondo migliore. Nymphodora, una ricca ragazza spartiata, nella capitale, sogna di cambiare il mondo e costruire grattacieli. Con “IL REGNO DEL RAGNO” lo scenario si allarga con molti nuovi personaggi oltre a quelli già incontrati ne “IL SOGNO DEL RAGNO”, mentre le avventure delle due ragazze si congiungono e il loro rapporto si colora di sesso lesbico e amicizia. Nymphodora e Aracne, riprendono la fuga verso nord, scoprendo segreti, uno dei quali riguarda direttamente Aracne e il ragno che la ragazza ha tatuato sulla fronte.
Chi ha conosciuto Aracne, sa che la cifra della sua esistenza è la fuga; se però nella storia precedente il suo viaggio verso la libertà era stato “una fuga per la vita”, in questo secondo volume, “Il regno del ragno”, l’evasione dalla sua condizione di ilota è indirizzata principalmente verso la “conoscenza”. Di se stessa, del suo destino, del mondo e dei suoi sogni. Ed è proprio all’inseguimento di un sogno e alla ricerca di una vita diversa, libera dalla ragnatela intrusiva di Sparta, che Aracne, con il suo bambino nato da una violenza, con Nymphodora, e con Doukas, studente di Architettura, parte verso le terre del Nord insieme a Ingmunde, maestro di norreno. Da cosa fuggono tutti quanti? Dalla schiavitù e dall’insensatezza. Che cosa cercano? Il volo della libertà, il fuoco dell’amore, la risposta ai loro sogni. Spicca, in ogni caso, la protagonista diventata madre, questa giovane donna che ha tatuato sulla fronte il disegno di un ragno e che alla fine del libro scoprirà la verità sulle proprie origini; lei, “dagli occhi di prato”, lei che vive una sessualità senza consapevolezza, lei di cui seguiamo, passo passo, l’itinerario di formazione: “E Aracne non sapeva più nulla. Non capiva la pioggia. Non capiva il proprio pianto e ancor meno il proprio riso. Non capiva se stessa e non capiva i sogni. Forse per questo piangeva. Forse per questo rideva.” Di nuovo prigioniera, in una detenzione peggiore di quella di Neapolis, peggiore di quella di Lacedemone, Aracne dà un appuntamento imperdibile ai suoi lettori nella prossima storia. Non resta che aspettare l’uscita del terzo volume della saga per verificare se anche noi moderni, come l’immaginaria Aracne, siamo intrappolati nella ragnatela dei nostri stessi sogni. O in quella che tesse per noi Carlo Menzinger.
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