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Anno edizione: 2016
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COME DISTRUGGERE IL FASCINO DI PARIGI A PROPRIA INSAPUTA Un “volemose bene” a tutti i costi. I personaggi sono belli, colti, sani, benestanti ed eleganti. Parigi è quella delle cartoline di una volta o quella che si può scaricare dal WEB o da TripAdvisor: un inutile e stucchevole florilegio di luoghi comuni. I dialoghi sanno di falso e di irreale, costruiti ad hoc tanto per far parlare i protagonisti senza mostrarne personalità e capacità comunicative. Mi chiedo: ma esiste una compagnia di amici che si ritrovano a cena parlando per frasi fatte, dicendo le più ovvie banalità, come fanno Sofia, René e Cecile? E tutta questa gente, che ha vissuto a Parigi per anni, almeno una volta è stata a Aubervillier o a Saint Denis (per citare solo i meno peggio tra i quartieri)? O si sono limitati a frequentare Rivoli, la pasticceria Angelina, il Pont Neuf e Saint Michel? Sembra che Sofia delle brutture del mondo non abbia mai saputo nulla, quasi novella Gautama prima della fuoriuscita dal palazzo reale. Per non parlare della sua famiglia romana, che aleggia evanescente, o del padre, sorta di Monsieur tout blanc di Saint-Germainiana memoria (mi si perdoni la forzatura linguistica): “Monsieur Tout-Blanc Si vous partez un beau matin Les pieds devant Pour vos châteaux en paradis Monsieur Tout-Blanc Le paradis, c'est peut-être joli.” E Ferré aggiunge: “Moi j'ai pas le temps” … Mentre, invece, i protagonisti di Rendez vous sembra che abbiano tempo solo per lo “chateau en paradis”. Dunque, Sofia passa nella storiella senza lasciare una significativa traccia di sé, altrimenti che per la dedizione a una presunta vocazione artistica, all’interesse per la moda e l’eleganza, e alla ovvia celebrazione romantica del delizioso appartamentino dalla cui finestra si può vedere la cupola del Louvre, come anche (inevitabilmente), al vino. Un omaggio a Peynet?
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