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Questo volume raccoglie quattro romanzi brevi, che hanno grande importanza nell’opera di Roth. I primi tre (La tela di ragno, Hotel Savoy e La ribellione) sono quelli con cui Roth si è rivelato come scrittore, fra il 1923 e il 1924, con straordinaria felicità e sicurezza nel cogliere «l’aria del tempo» e, insieme, alcuni dei propri temi essenziali. Il quarto, Il peso falso, che apparve nel 1937, appartiene invece all’ultima stagione di Roth e va considerato – accanto alla Leggenda del santo bevitore e al Leviatano – come uno di quegli apologhi narrativi, in certo modo testamentari, nei quali lo scrittore ha racchiuso il senso segreto della sua opera.
Si sfiora dunque, in queste pagine, l’intera tastiera di Roth: c’è il romanzo politico (La tela di ragno, stupefacente prefigurazione non solo del nazismo, ma di tutte le trame occulte che continuano a tessersi intorno a noi); la raffigurazione di un mondo dalle molte voci (Hotel Savoy, dove il protagonista è l’albergo stesso con le sue 864 stanze, luogo affascinante, sordido e misterioso come la vita); la storia di un singolo (La ribellione, in cui troviamo il Roth più aspro, che rifiuta ogni ordine oppressivo); infine la grande visione metafisica (Il peso falso, storia di un verificatore dei pesi e delle misure, che si trova a vivere in un mondo dove tutti i pesi sono falsi). Nei primi romanzi prevale un timbro acido e asciutto, e sul fondo si avverte un pathos di rivolta sociale: sono testi mirabilmente intonati agli anni di Weimar, alla loro torbida caoticità, carica di risentimenti e di violenza. Nel Peso falso, invece, l’occhio di Roth si fissa sui temi perenni della giustizia, della passione e della colpa. E, soprattutto, si sofferma a evocare una sorta di primordiale scenario della sua arte: l’Osteria della Frontiera, dove si aggirano la bella zingara Euphemia e l’infido contrabbandiere Kapturak, dove la legge e il delitto giocano una interminabile partita di tarocchi. In quel luogo di continuo passaggio, che sa di fumo, di alcol e di letti sfatti, dove gli avventori portano quasi sempre nomi falsi, si consuma il destino del verificatore dei pesi e delle misure Eibenschütz. Ma si direbbe anche che a uno di quei tavoli sia stata scritta tutta l’opera narrativa di Joseph Roth, testardamente devota all’inesauribile impresa di «stabilire e verificare ... misura e peso degli eventi».
Intinge le sue parole nella stessa tavolozza del pittore George Grosz e le sparge con estrema maestria. Racconti tristi , acidi, eppure non privi di speranza. Monotematici: il disfacimento di un mondo, l'impero Austroungarico , e il profetico divenire di una terribile dramma. Racconto gli uomini la loro meschinità e il loro occasionale eroismo,lo fa con eccezionale maestria; senza annoiare, insegna . I quattro romanzi brevi non sono di eguale valore. "Hotel Savoy" mi è parso il migliore , "la tela del ragno" il meno riuscito.
Roth è stato uno straordinario scrittore capace di avvincere i suoi lettori sempre e comunque. Ha quasi sempre riscritto la stessa storia di nostalgia per l'enorme varietà e ricchezza dell'Impero Austro Ungarico (vedi Hotel Savoy) , dai confini così remoti,ma è anche stato testimone lucido e preciso del precipizio del suo tempo (il nazismo di La tela di ragno). Quest'ultimo romanzo breve è straordinario nel tratteggiare in maniera secca ed inappellabile le ragioni intime soggettive del nazismo e dell'antisemitismo, ragioni sulle quali ha fatto leva la propaganda hitleriana. L'attualità bruciante di queste considerazioni non ha bisogno di nessun mio commento, credo. Eppure Roth in ogni storia narrata, anche la piu' cininca e disincantata sapeva infondere un'aura favolosa propria degli scrittori che vogliono prima di tutto interessare chi li legge.
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