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"Ruby Sparks" parte da un'idea interessante, anche se molto trattata nella produzione cinematografica: la creazione letteraria che, sotto le sembianze di una giovane donna, prende forma e vita materializzandosi davanti agli occhi dello scrittore e interagendo con lui nella vita reale. Allo stesso tempo, il film tratta il tema dei rapporti, delle relazioni affettive, a partire da una tendenza molto radicata nell'immaginario maschile, la possibilità/desiderio di controllare ogni aspetto della relazione, annullando l'autonomia dell'altro, come se l'oggetto amato fosse un modello di cera plasmabile a piacere. In effetti chiunque abbia scritto opere di narrativa sa che i personaggi prendono vita e sfuggono ai piani del creatore, seguendo traiettorie proprie. La dialettica tra regista e personaggi è spesso complessa e mediata oltre che dall'esigenze del mercato, dal gioco delle pulsioni e delle proiezioni dell'autore. Idea interessante, tradita purtroppo da una realizzazione scialba e convenzionale che relega il film nell'ambito delle commediole romantiche di second'ordine. La vicenda, che narra di uno scrittore alle prese con un prolungato periodo di sterilità creativa e della sua creazione letteraria - Ruby - che esce dal mondo della rappresentazione per diventare la sua ragazza, è godibile solo all'inizio, quando Calvin si accorge con terrore della presenza fisica di Ruby e pensa di essere in preda ad allucinazioni. Poi scivola verso un piano inclinato fatto di banalità e di cliché, di luoghi comuni che ricalcano moduli visti mille volte e tipici delle commedie brillanti americane: la visita ai genitori "alternativi" dello scrittore, Ruby che esterna felicità o tristezza a comando dell'autore, la sua autonomia e la fine della relazione, un nuovo incontro, successivo alla pubblicazione del libro, in cui i protagonisti non si riconoscono, ma mantengono labili tracce della loro vicenda precedente. L'impressione finale è di un involucro brillante per un prodotto deludente.
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