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Anno edizione: 2021
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Dall'autrice Premio Nobel per la Letteratura 1928 «per la sua imponente descrizione della vita nordica durante il medioevo».
«Questo romanzo narra una delle più terribili vicende d'amore mai raccontate» – la Repubblica
«Nessun romanziere, di ieri o di oggi, ha dipinto il mondo medievale con tanta potenza. Sigrid Undset è una delle menti più raffinate della letteratura europea» – The International New York Times
Nell'inverno perenne di una Scandinavia medievale, la giovane Vigdis si innamora perdutamente di Ljot, uno sfrontato marinaio islandese, audace in battaglia e sensibile alla poesia. L'attrazione è corrisposta, ma Ljot approfitta dell'ingenuità di Vigdis e abusa di lei. Una donna che subisca violenza non ha strumenti di difesa nell'antica società vichinga. La vittima è l'unica colpevole ed è condannata al pubblico ludibrio. Ljot implora il perdono, ma Vigdis rifiuta ogni compromesso, allontanandolo da sé. La violenza l'ha resa estranea perfino ai propri sentimenti: non può rinnegare l'amore che, prepotente, continua ad animarla, ma sente affiorare in sé un tremendo desiderio di vendetta. Quando scopre di essere incinta dell'uomo che ama e che, senza ucciderla, le ha tolto la vita, Vigdis ritrova la forza per reagire. Ricomincia a esistere. Passano gli anni e non mancano le gioie, le amicizie e gli affetti. Perfino l'onore, che Vigdis ritrova nella sua indipendenza e nell'educazione del figlio. La serenità, però, non le appartiene. I frantumi dell'amore si sono ricomposti in odio e la protagonista sta ordendo, a tratti inconsapevole, la più cruenta delle vendette.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Amore e vendetta, in questa saga nordica, gelida e torrida, una contraddizione perenne. Letteratura con la elle maiuscola.
Libro meraviglioso. Ho adorato Ljot: tanto orrende le sue azioni quanto sincero il pentimento. Sono stupita di come un'autrice del primo '900 riesca, senza pathos ed eccessi, a delineare la psicologia e i sentimenti dei suoi personaggi. Una delle mie letture preferite di sempre.
Una storia d'amore dolorosa e profonda. Autrice "di poche parole" la Undset: lineare, diretta, chirurgica. Eppure i sentimenti dei suoi protagonisti sono chiari, evidenti. Premio Nobel per la letteratura? Ci credo, grandissima penna.
Recensioni
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A distanza di quasi un secolo Sigrid Undset, autrice norvegese vincitrice nel 1928 del premio Nobel per la letteratura, continua ad affascinarci – e a tentarci nella lettura – con i suoi racconti storici, ambientati in un Medioevo diverso da quello a cui siamo abituati, lontano dai cicli Bretone e Carolingio, tutti incentrati sulla figura del cavaliere e delle sue gesta. Il Medioevo di Undset, infatti, è scolpito a misura di donna e della donna canta il coraggio.
Vigdis è una donna bellissima, i capelli che prendono la loro luce dal fuoco che le arde dentro e gli occhi impenetrabili. Ha solo quindici anni quando un giovane mercante islandese, Ljot, giunto in Norvegia per approvvigionarsi di legname, la nota a casa del padre, presso cui è ospite, e ne rimane folgorato. In un attimo la passione si trasforma in ossessione e Ljot, pur avendo più di una speranza di essere ricambiato da Vigdis, la prende con la forza nel temenos di un santuario silvestre, profanando l’inviolabile, sia in terra che in cielo.
La rapidità con cui le aspettative del lettore si capovolgono è sconcertante, nella violenza e dalla violenza nasce un personaggio memorabile, Vigdis, distante anni luce dagli stereotipi della donzella vacua e sottomessa che lancia i capelli dalla torre per facilitare l’ascesa del suo cavaliere. Vigdis è forza pura e brutale, è l’incarnazione del dolore che ogni donna abusata, di ogni epoca e latitudine, è costretta a sopportare e, ancora di più, diventa lo straziante contrasto interiore tra la morte inflitta e la biologia della vita che in seguito a quell’uccisione le cresce dentro.
Undset non ci risparmia nulla dell’umanità della sua protagonista, che fa risaltare non per bellezza, ma per disperazione, sottolineando strenuamente l’inconciliabilità dell’odio che divampando la nutre – preparandoci alla più atroce delle vendette – e l’istinto di madre che la tramuta in lupa spietata, irreparabile strappo nel folto di un mondo assassino che le è franato addosso.
Per tutta la durata della storia, – fitta di personaggi e azioni che sfruttano la brevità dello spazio concesso loro per costruire una marea emotiva lunga vent’anni – la tensione si mantiene inalterata, in un precisissimo gioco di equilibrio tra il destino di Ljot e quello di Vigdis, per sempre segnati da una maledizione che possono imputare solo a se stessi.
La grandezza del romanzo non risiede solo nella straordinaria introspezione psicologica di Vigdis e Ljot, e nelle tragiche conseguenze che continuamente si abbattono sui personaggi, al punto che il limite tra colpa e innocenza è più volte messo in discussione, ma anche nell’originalità della forma con cui l’autrice decide di mettere in scena il dramma, adeguando l’incisività dell’epica alla profondità emotiva.
Una grandezza che giustamente venne riconosciuta a Undset dal mondo letterario a lei contemporaneo e che oggi, grazie al lavoro di coraggiose e preparate case editrici, Iperborea nel 1992 e Utopia Editore nel gennaio 2021 – l’edizione che ho tra le mani è proprio quest’ultima, nella traduzione di Margherita Podestà Heir –, può finalmente arrivare fino a noi e tenerci sospesi prima di colpire a fondo, micidiale pezzo unico forgiato da un dio di cui ci eravamo dimenticati.
Recensione di Sara Galletti Manfroni
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