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recensione di Bignami, G., L'Indice 1997, n. 6
Dopo l'utilissimo "Rapporto sulla salute in Europa" (cfr. "L'Indice", 1996, n. 5), il gruppo coordinato da Marco Geddes torna ad aggiornarci sulla salute in Italia con un volume a più mani dedicato ai maggiori problemi del periodo attuale, tutti trattati con notevole chiarezza e competenza.
La prima parte del libro è dedicata alle questioni politiche e istituzionali: la sanità nei programmi elettorali del Polo e dell'Ulivo (Miriam Mafai), il federalismo in sanità (Lamberto Briziarelli), la trasformazione della sanità in aziende (Ernesto Veronesi e Federico Montesanti), il Comune nella sanità (Bruno Benigni), le Carte dei diritti del malato (Carlo Hanau). Si tratta, è ovvio, di questioni vitali per le sorti della sanità italiana, in particolare per quelle di un Servizio sanitario nazionale (Ssn) impegnato nel guado di una "riforma della riforma" avviata dalla legge delega 1992/421 e dai decreti legislativi 1992/502 e 1993/517, con ripetuti passaggi di mano durante le ultime due legislature e i successivi governi sino al ribaltone del 1996.
Per una lucida retrospettiva su questi anni tormentati, conviene forse iniziare la lettura con il capitolo di Veronesi e Montesanti. Qui, infatti, si trova l'essenziale dei problemi aperti da un'aziendalizzazione del sistema che prevede la "competizione amministrata" (o concorrenza regolata, "managed competition*) ma fatta all'italiana: cioè non poco cincischiata e pasticciata da un decreto all'altro e da una finanziaria all'altra, tanto da produrre il legittimo "grido di dolore" dei responsabili locali, che nei convegni e altrove accoratamente invocano una "tregua normativa".
Gli effetti perversi prodotti altrove da varie forme di "managed competition* (compresa la concorrenza tra parti pubbliche nel National Health Service inglese) sono ormai ampiamente documentati. Ma Veronesi e Montesanti spiegano come non tutto sia andato secondo i voleri privatizzanti di De Lorenzo & Co. Infatti: "A ben guardare, la norma 8 dell'art. 5 del decreto di riforma contiene elementi di forte contraddizione (voluta?) che hanno rischiato di portare alla disgregazione del servizio sanitario pubblico per incoerenza tra la domanda di prestazioni e le risorse disponibili. È stato introdotto un meccanismo secondo il quale chi domanda non percepisce il costo conseguente, la produzione è attivata dalla sola domanda, e il terzo pagante non ha la possibilità d'intervenire per la definizione del "budget" finanziario che consenta la regolare liquidazione delle attività erogate. "La disgregazione non si è verificata in quanto la sanità, come tutti i sistemi sanitari pubblici, risponde ad altri input oltre a quelli puramente finanziari"" (il corsivo è mio): cioè almeno parte dei servizi, slalomando tra i disposti normativi, hanno combattuto il meccanismo disgregatore (vedi in proposito la rissa sulla controriforma sanitaria lombarda), seguitando almeno in parte a programmare le loro attività secondo le esigenze reali, piuttosto che secondo quelle della finanza e del mercato. Nel frattempo, comunque, la spesa privata è salita a oltre un quarto del totale, fatti salvi gli innumerevoli rivoli che scorrono "in nero" e che ove censiti certamente accrescerebbero la quota appena citata.
Il contributo di Mafai mostra come nel certame tra il Polo e l'Ulivo il primo sia stato seriamente danneggiato dal suo programma di sostanziale derubricazione della sanità pubblica; il secondo, invece, pur attraverso tesi spesso generiche e prolisse, ha assunto robusti impegni il cui mantenimento appare ora almeno incerto, date le forti spinte neoliberiste nella maggioranza di governo.
I due pezzi appena citati servono da efficace trampolino per la lettura e la comprensione degli altri. In particolare, il programma di massima per una sanità federalista e per la relativa ridistribuzione di responsabilità e compiti, a partire dal flusso delle risorse economiche, appare oramai come un oggetto sostanzialmente sbozzato (vedi ad esempio gli atti del convegno "Federalismo e sanità" tenutosi a Firenze nel febbraio 1996 d'iniziativa della Regione Toscana e della Lega delle autonomie locali).
Il contributo sul Comune illustra il modo in cui il territorio può organizzarsi per l'analisi dei bisogni reali dei cittadini, per le verifiche sulla congruità ed efficacia delle risposte dei servizi, onde smantellare una lunga tradizione di risposte preformate e autoreferenziali, cioè di distorsione della domanda da parte dell'offerta. Qui il lettore diligente può giovarsi di una zoomata più tecnica, ma leggibilissima, percorrendo il volumetto di Francesco Ripa di Meana ed Ernesto Veronesi "La domanda di salute sul territorio - Ricerche sul Distretto di base" (Ediesse, 1995), dove sono illustrati gli strumenti di gestione di una "centralità del periferico" che riceve dalla base gli input sui bisogni e dall'esterno quelli necessari al miglioramento continuo della qualità sul piano tecnico-scientifico.
Il testo sulle Carte dei diritti illustra lo sforzo faticoso (spesso appena avviato o ancora addirittura in "surplace") che punta a rendere più civile il rapporto tra cittadini e servizi. Tale indirizzo, si noti, si impone anche sul piano strettamente medico, oltre che su quello umano e culturale: infatti, una letteratura ormai imponente mostra il ruolo del rapporto in questione nel mantenimento dello stato di salute e nei processi di guarigione, che nelle più varie patologie possono essere intralciati dallo scontento e dal conflitto.
Chiudendo su questa prima parte, si potrebbe lamentare la mancanza di un capitolo sulle istituzioni nazionali di ricerca e controllo in campo sanitario, dalle quali dovrebbe venire un sostegno forte e non dirigistico alla sanità federalista sul piano tecnico-scientifico: ma il discorso, ahinoi, considerata anche la frammentazione delle competenze, sarebbe stato lungo come la mitica camicia di Meo.
Resta, purtroppo, poco spazio per illustrare i contributi della seconda parte (problemi emergenti): le questioni deontologiche ed etiche (Mauro Barni), le mistificazioni sulle "cure miracolose" come l'Uk 101 e il metodo Urod (Giuseppe Gaudenzi), la riforma psichiatrica (Giuseppe Germano), l'immigrazione e la salute (Maurizio Marceca e Salvatore Geraci), la predisposizione ereditaria e i test genetici (Nadia Crotti, Silvia Franceschi e Liliana Varesco). La qualità e utilità di informazione e critica sono sempre elevate; e a titolo di esempio, con le dovute scuse ai vari autori, si farà solo una rapida incursione nel campo dell'immigrazione: si tratta infatti di un problema spesso trattato con un cinismo e un'imprevidenza che rischiano di produrre danni irreparabili.
Il capitolo in questione da un lato riporta i dati essenziali per mostrare come gli immigrati, per lo più sanissimi all'arrivo (data la selezione alla partenza), facilmente vadano incontro a gravi patologie sia somatiche ("in primis" la tubercolosi) che psichiche; dall'altro fornisce chiare indicazioni sulle esigenze della relazione terapeutica in un contesto transculturale, sugli indirizzi che dovrebbero adottare i servizi per poter svolgere un'azione efficace di prevenzione e di assistenza. Ma anno dopo anno si seguitano a ignorare le istanze in tal senso, a partire da organizzazioni come la Caritas, che respingono il ruolo di pannicello caldo, o addirittura di "pozzetto di scarico", che vuole assegnargli l'inerzia del pubblico.
Chiudono il volume una sintetica ricapitolazione degli interventi normativi nel 1995-96, utile guida in questo labirinto (Cinzia Bottai), e una rapida ma sostanziosa appendice statistica, che aggiorna i dati forniti con più ampio dispiego di pagine nei volumi precedenti della stessa serie (Stefania Arniani).
A fronte di queste e altre ottime analisi agevolmente accessibili, a fronte delle esperienze che tali analisi riflettono, la situazione appare sostanzialmente cambiata rispetto a tempi ancora recenti, quando si navigava a vista nella notte buia e tempestosa. È quindi sostanzialmente accresciuta la responsabilità di chi ancora preferisce ignorare una tale evoluzione e le possibilità concrete che essa offre per la qualificazione della sanità italiana: come se ancora regnasse quel papa di un sonetto del Belli la cui principale fatica era di stracciare senza previa lettura i molti memoriali sottoposti alla sua santissima attenzione.
                                        
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