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Non vorrei essere troppo severa in questo commento, in quanto l’autore mi sembra quasi di conoscerlo. E proprio per questo, sollevo una perplessità sulla struttura narrativa: non è un romanzo e neppure un saggio. Tuttavia, la soavità di alcuni brani e l’intima coesione con l’animo di alcuni dei personaggi trattati avrebbero consentito di spiccare il volo. All’opposto, avrei preferito una severa rilettura ed una limata del carteggio scambiato con l’alter-ego, ex compagno di scuola, ricco, colto ed ovviamente di sinistra, che svolge nel testo da espediente per un confronto dialettico sul ruolo della scuola come agenzia formativa. A parte i tanti progetti scolastici, identificati da acronimi incomprensibili o votati ad obiettivi naif, nessuno sembra interessarsi degli studenti, specie di coloro sui quali più drammaticamente incombe il baratro tra scuola e mondo reale. L’istruzione rimane lo strumento del riscatto sociale, ma i bisogni intellettuali non possono essere soddisfatti prima dei bisogni di sopravvivenza. Solo con una dose di ipocrisia e di cinismo si discute di formazione dello studente a prescindere dal background da cui proviene e verso cui è inesorabilmente destinato. Sorge spontaneo il parallelismo con la rieducazione del carcerato, che non funziona da “bonifica sociale”, a base di buoni sentimenti che, prima o poi, attecchiranno. Ma è solo quando si DECIDE di apprendere che si verifica il cambiamento. Ed è qui che l’educatore gioca il suo ruolo - il “capitano, mio capitano!” di Whitman: crede in ciò che dice, ha fiducia e stima nell’interlocutore, non conosce il pregiudizio, non ha dimenticato cosa significa essere giovani. Non fu tanto per il voto di quel tema (11 !), ma perché mi incoraggiò alla scrittura, alla lettura dei classici, a credere in me stessa, malgrado tutte le paturnie della maledetta adolescenza. Il mio capitano non l’ho mai dimenticato. “Salve, Prof” andrebbe adottato come libro di testo nelle scuole e fatto imparare a memoria da tutti i professori somari.
questo è un libro che merita davvero di essere letto, perchè è ricco di spunti di rilessione con i quali ogni persona, giovane o adulto che sia, dovrebbe tentare di confrontarsi. aldilà del bene che voglio al professor Lubrano, non è possibile fargli altro che complimenti per questa sua fatica. infatti traspare dalla lettura tutto l'amore che il prof Lubrano nutre verso la sua professione, che svolge sempre non solo con una diligenza incredibile, ma con l'amore di un padre per i suoi figli, nel tentativo di insegnare non solo la filosofia di kant o Marx, ma soprattutto di dare una mano a giovani ancora immaturi a diventare un pò più uomini, per renderli pronti ad affrontare le difficoltà della vita. un libro inoltre nel quale il professor Lubrano non si nasconde dietro inutili maschere, ed ha il coraggio di esporre apertamente le sue idee, una qualità che nel mondo odierno, dove si cerca sempre di omnologarsi alle idee dominanti, è una qualità difficile da trovare. un libro quindi che consiglierei davvero a tutti....
Un libro sulle avventure e sulle esperienze di un prof sempre a contatto con gli alunni, ricco di spunti e di riflessioni di ogni genere. Un barlume di luce che lascia trasparire molto del mondo dell'insegnamento che spesso i ragazzi vedono così lontano dal loro. Un libro in cui non mancano considerazioni, pareri e pensieri dei ragazzi, le loro vicissitudini e anche alcuni momenti di sincera leggerezza confrontati con il punto di vista dell'autore (l'insegnante in questione) che prova sempre a entrare nel mondo dei giovani e a catturare la loro attenzione lasciando inalterati i ruoli del prof e dell'alunno.
Recensioni
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Storie personali, temi sociali, politici ed ambientali,vengono trattati in questo volume dalparticolare angolo visuale di un professore, ilcui rapporto con gli allievi è andato ben oltre lemura scolastiche. Ne emergono un ritratto atutto tondo delle problematiche vissute dallenuove generazioni ed una acuta riflessionesull'istituzione scolastica e sul significato e lafunzione dell'educazione e della formazione.
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