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I saggi qui raccolti sono le relazioni e gli interventi, riscritti e integrati, di un convegno sui rapporti fra economisti e politici, fra scelte politiche e teoria economica. Un tema che accende le polemiche, poiché gli economisti non sono - sostiene Giorgio Lunghini, curatore del volume - i «tecnici» che tanti vorrebbero avere, o essere: l'economia non è una scienza esatta e neutrale ma esigente e partigiana. Finché il governo delle persone non sarà sostituito dall'amministrazione delle cose, fìnché il potere pubblico avrà carattere politico, su questi problemi ci saranno dispute e posizioni di parte. E la domanda di apertura del convegno, posta da Lunghini, «A che cosa serve l'economia? » o piú maleducatamente «Chi servono gli economisti,?», era formulata apposta per suscitare litigi. Nondimeno il «litigio» ha assunto spesso la forma di trattazioni ampie ed esaurienti. I temi affrontati sono l'accumulazione di capitale in Italia, vista da economisti (Vicarelli) e autorità monetarie (Balducci e Marconi, Nardozzi); le posizioni dei sindacati e il dibattito della sinistra sulla teoria economica (Campanella, Rampa); l'intervento nel Mezzogiorno (Marzano); l'adesione al Mec (De Cecco); la posizione sulla bilancia dei pagamenti della Banca d'Italia (Fotia) e del Pci (Romagnoli).La risposta piú diretta alla domanda introduttiva, per la centralità del tema e l'importanza generale del tentativo di classificazione, viene dal saggio sulla teoria della distribuzione del reddito di Augusto Graziani. Ad essa si contrappongono o in essa si inseriscono i due polemici interventi di Michele Salvati, che è una critica generale alla possibilità di porre la domanda posta dal convegno, di Roberto Convenevole sulla non neutralità della teoria economica, e parte del successivo dibattito.Anche se il volume non contiene la risposta alla domanda iniziale, che non può avere risposte facili, contiene certo elementi per tentare una risposta in futuro.
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