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Berto Ricci è considerato un eretico all’interno del Ventennio fascista in quanto le sue posizioni politiche e culturali non sono conformi all’ortodossia del Regime. Ricci, fiorentino come Pavolini , che gli rifiutò la tessera del PNF nel 1932 per le precedenti simpatie anarchiche, scrittore e poeta oltre che matematico, fondò l’”Universale” a cui collaborò anche Indro Montanelli ed altri intellettuali della città del giglio. L’Autore de”Lo scrittore italiano” di cui le Edizioni Idrovolante hanno meritoriamente ripubblicato questo saggio edito nel 1931, era avverso al razzismo del fascismo perché come afferma: “nella concezione universale del fascismo non c’è posto per il razzismo. L’ascaro è nostro fratello”. Ricci si era posto sulla strada di un Pascoli nell’inneggiare all’Italia Nazione proletaria, anticapitalista e antiplutocratica, antiborghese e auspicava un fascismo sociale, che andasse nella direzione di un’emancipazione dei ceti popolari, i quali avrebbero dovuto, nello Stato corporativo, trovare un modo per affrancarsi dalla schiavitù del Capitalismo senza cedere però alle lusinghe di un Comunismo internazionalistico e materialista, il cui scopo era la distruzione dell’amor patrio e della sovversione mondiale. Berto Ricci arrivò ad un punto del suo percorso intellettuale in cui affermò che la sua attività di scrittore era conclusa ed era giunto il momento di passare all’azione, per cui si arruolo volontario nella Seconda Guerra Mondiale e parti per l’Africa, rimanendo ucciso da un mitragliamento aereo britannico alla guida dei suoi uomini nel 1941 in Libia, concludendo così in modo eroico la sua breve vita, una vita che coraggiosamente aveva amato e ne ha fatto un esempio per quanti incamminatisi sulla via dell’onore, non tradirono mai il giuramento di fedeltà fatto all’Italia e al su Capo di allora. Un libro consigliato, quindi, per conoscere le sue idee che, a distanza di decenni dalla morte, sono ancora attuali e di esempio per chi ancora crede.
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