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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2015
Ermanno Cavazzoni è uno di quei talenti irregolari della letteratura italiana, un inventore e scopritore di scenari comici capaci di far perdere peso (e pesantezza) alla massa di romanzi, più o meno seri, più o meno pretenziosi, che la nostra società produce. Ci offre una nuova prova della sua vis comica con questo lavoro dedicato al mondo variegato degli scrittori e quindi, per stessa ammissione dell’autore, a quel mondo al quale egli stesso appartiene. In una sorta di autoflagellazione biografica, Cavazzoni mette alla berlina la società letteraria, critici inclusi, rappresentandola nei suoi aspetti più stravaganti e maniacali.
Protagonista del libro è la persona che, per vocazione o disperazione, sceglie di fare il mestiere di scrittore. Una persona che, prima o poi nella vita, forse di passaggio, viene colta dal dubbio esistenziale più atroce: «a cosa servo?». Dal dubbio su se stessi al timore dell’inutilità del proprio lavoro il passo è breve, e per evitare la crisi identitaria e professionale ecco queste sette lezioni con quarantanove casi semiseri scritti da Cavazzoni per ridere e riflettere sui vizi del mestiere. Incontriamo così scrittori alle prese con bambole gonfiabili, autori inquieti e odiati dalle mogli con la penna in mano anche in bagno, scrittori schiavi di altri scrittori. Leggiamo, ad esempio, la descrizione esilarante dei cosiddetti «scrittori in disuso», incaricati dalle case editrici di leggere i dattiloscritti per darne un giudizio. «Vengono tenuti segreti perché non possano essere corrotti con pacchi dono, con soldi o ricatti sessuali dagli aspiranti scrittori. Rappresentano il lato oscuro delle case editrici. Se in una casa editrice arriva un romanzo che sia bello, o ben riuscito, o un capolavoro, se ne accorgono subito tutti, dai redattori agli uffici sperduti nel sottoscala, perché una eccitazione si diffonde per i corridoi e risveglia tutti, tranne gli scrittori in disuso che, in questi casi, diventano del tutto inutili. Abbandonati a se stessi in mezzo alla carta dattiloscritta, sempre sul punto di addormentarsi, passano giornate che sembrano notti, a stilare referti dal tono depresso che nessuno mai leggerà; maturando il temperamento loro tipico da funerale».
I casi raccontati da Cavazzoni proseguono così, tra un vizio e l’altro da evitare per chi si metta ogni mattina alla scrivania, tra aneddoti e personaggi giocosi e surreali. Ne emerge una galleria di ritratti di professionisti della penna (o della tastiera) pigri, inconcludenti e narcisi. Un universo di talenti (e non) dispettosi e invidiosi l’un con l’altro, una realtà di convegnini, fiere e saloni circondata a sua volta dal mondo velenoso dei critici letterari, stroncatori di professione che, come becchini, si interessano allo scrittore possibilmente da morto. Scrittori inutili, come recita il titolo di questi quarantanove racconti, oggetto di una precedente edizione pubblicata da Feltrinelli nel 2002, vengono riproposti ora, nel 2010, in questa nuova edizione da Guanda per la collana Narratori della Fenice.
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