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Il secco e l'umido. Una breve incursione in territorio fascista - Jonathan Littell - copertina
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Il secco e l'umido. Una breve incursione in territorio fascista
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Descrizione


"Questo testo è stato scritto nel 2002, mentre facevo ricerche per un altro libro, poi pubblicato. È nato dall'incontro fra le tesi di uno studioso tedesco brillante e fuori dagli schemi, Klaus Theweleit, e l'opera di un fascista belga, Léon Degrelle, in cui il gioco delle immagini e della lingua fa emergere la struttura stessa del pensiero del suo autore. Poiché il testo è scritto in francese, ho potuto tentare un'analisi più approfondita di alcune intuizioni; effettuare una verifica sperimentale di una particolare teoria del fascismo, proposta appunto da Theweleit. Una teoria che, come si potrà vedere, contiene la sua parte di verità, così come altre linee di pensiero che del resto ho avuto modo di esplorare, ampie vie maestre, semplici sgrossature, vicoli ciechi o rapide incursioni nell'oscurità, che quella teoria incrocia senza mai ricalcarle. L'argomento è infatti tale che, per quanto rigorosamente si cerchi di delimitarlo, sfugge sempre per qualche suo aspetto; sempre le sue profondità, messe a nudo, nasconderanno altre profondità insospettate, e talvolta ripiegate su se stesse, a formare un'unica superficie liscia, piatta, banale, ma sempre pronti a cedere di nuovo sotto i piedi di chi vi si avventura". (Jonathan Little)
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Dettagli

2009
12 maggio 2009
118 p., ill. , Rilegato
9788806197421

Valutazioni e recensioni

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Lobo
Recensioni: 4/5

Brillante. Scritto prima de "Le benevole" ma uscito soltanto dopo, rappresenta un interessante intersecarsi di discipline diverse nel tentativo di comprendere il meccanismo psicologico che forma l'individuo in un contesto particolare come fu quello in questione. Molto complesso, non da prima lettura sull'argomento.

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Mik
Recensioni: 2/5

Una gemmazione del romanzo principale (Le Benevole) dal sapore wuminghiano. La sostanza però non convince, soprattutto non aggiunge nulla a chi abbia affrontato il romanzo principale, che contiene molte più ricchezze di questo saggio. Con un rischio: di risultare insufficiente anche per chi non ha letto il romanzo. In definitiva una buona postfazione per il monumentale saggio di Theweleit, da noi pubblicato solo in parte dal Saggiatore. Buona lettura

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Voce della critica

Nella sua breve incursione in territorio fascista, effettuata nel 2002, in occasione dei suoi studi preparatori per il romanzo Le Benevole (Einaudi 2007), Jonathan Littell ha incontrato un testo classico della letteratura bellica. Si tratta del diario di un esponente di spicco del fascismo europeo: Léon Degrelle, del quale l'impressionante copertina del volume presenta una fotografia scattata sul fronte ucraino nell'inverno 1941-42. Belga, vallone, volontario a fianco della Wehrmacht nella campagna di Russia, Degrelle fu a capo, dal 1944, della divisione delle SS "Wallonien" che comprendeva valloni di lingua francese. Alla fine della guerra riparò fortunosamente in Spagna, dove continuò a vivere agiatamente lavorando nel settore immobiliare. Il testo autobiografico di Degrelle analizzato da Littell è La campagne de Russie (1949), in cui Degrelle racconta con grande abbondanza di dettagli le sue strabilianti avventure militari. Lo scopo dichiarato esplicitamente dall'autore è dare un senso di legittimazione al combattimento, che si prolungò per quattro anni, dei volontari belgi, che alla fine furono sconfitti sul campo di battaglia. Nello stesso tempo l'autore cerca anche di costruire un'immagine di sé eroica e leggendaria. È, quella di Degrelle, una descrizione (per certi versi non sempre fedele: numerosi sono i peccati di omissione, per fare un piccolo esempio, anche solo per quanto riguarda le divisioni interne al campo dei belgi, fiamminghi e valloni, che collaboravano con il Terzo Reich) della "guerra totale" di annientamento praticata dalle armate hitleriane e dalle SS sul fronte orientale. Nella Campagne de Russie Littell trova soprattutto un modello di rappresentazione della guerra totale praticata dal nazionalsocialismo sul fronte orientale, che si rivelerà utilizzabile nella descrizione dei conflitti e degli scontri militari presentati nel suo romanzo maggiore (Le Benevole).
La parte più interessante del viaggio di Littell nell'opera di Degrelle, da cui ha origine Il secco e l'umido, è quella in cui Littell riflette sull'uso del linguaggio utilizzato dall'autore fascista. Il fascismo, secondo quanto teorizzato da Klaus Theweleit nel saggio che nel 1977 destò grande sensazione – si tratta di Männerphantasien, di cui è stato tradotto in italiano solo il primo volume, vent'anni dopo (Fantasie virili. Donne. Flussi. Corpi. Storie, Il Saggiatore, 1997) – non è solo una questione di forma dello stato, di struttura economica o di appartenenza a una classe sociale, ma è anche e soprattutto un problema di struttura mentale e di costruzione della personalità. Theweleit si ricollegava esplicitamente a quanti avevano fornito analisi decisive della personalità autoritaria e fascista (Freud, Wilhelm Reich, Adorno e Horkheimer, Erich Fromm), ma il senso originale del suo contributo consisteva nella capacità di applicare le teorie degli autori nominati a un corpus di opere specifiche.
Theweleit, infatti, aveva con grande scrupolo setacciato i romanzi e la memorialistica degli appartenenti ai Freikorps attivi in Germania tra il 1918 e il 1923. In essi aveva evidenziato una caratteristica fondamentale del maschio-soldato (pre)fascista: costui non possiede un io costruito nel senso freudiano del termine. Il fascista è – continua Theweleit – il "non completamente nato" che si costruisce una corazza e un'armatura (muscolare) tramite la disciplina, l'addestramento fisico e militare ecc. Tale armatura ha la funzione di proteggere e trattenere le sue pulsioni e i suoi desideri, informi perché incapaci di oggettivazione. L'io-corazzato può resistere solo grazie ad aiuti esterni forniti a tale scopo dalle istituzioni come la scuola, l'esercito e altre strutture disciplinari (il carcere). Rischia però talvolta di frantumarsi e di essere travolto dalle sue stesse pulsioni che tendono a dissolvere i suoi limiti personali e corporali. Deve allora esteriorizzare quanto lo minaccia dall'interno e potrebbe mettere a rischio la sua corazza. Il pericolo è tutto ciò che scorre e che può dissolvere i limiti del corpo: l'elemento liquido (il femminile) che insidia e sovverte l'ordine del mondo. Theweleit, con questa sua lettura del fascismo, veniva incontro a una tendenza forte del femminismo della fine degli anni settanta che chiedeva una revisione delle letture dominanti dei fascismi, a partire dal modo in cui si era configurato il rapporto uomo-donna nella storia europea. In questa prospettiva la violenza del fascismo era direttamente collegata al corpo di chi la esercita come maschio e come soldato.
Littell riscontra in Degrelle, con qualche forzatura, le stesse caratteristiche e lo stesso linguaggio evidenziati da Theweleit nei suoi miliziani, sintetizzati nel "terrore panico della dissoluzione dei limiti del corpo": coraggiosi e pronti ad affrontare ogni battaglia fino ai confini dell'incredibile e del romanzesco, ma timorosi di tutto ciò che è liquefatto. Non è un caso che Degrelle imputi la sconfitta delle armate hitleriane al fango, alla melma, alla palude, alla poltiglia vischiosa che imprigiona i corpi dei combattenti tedeschi e dei volontari che combattono al loro fianco. La corazza corporea del maschio soldato (con i suoi carri armati, i cannoni – Degrelle, tra l'altro, si trovava all'inizio in un reparto d'artiglieria – e tutto il resto) viene imprigionata e sconfitta dalla marea rossa, dalla massa informe e animalesca ("migliaia di soldati rospo sguazzavano allegramente nella colla degli interminabili acquitrini") che rappresenta il nemico. La realtà di Degrelle si riorganizza così attorno a due campi semantici basilari dal chiaro significato: il secco e l'umido, il duro e il molle, il verticale e l'orizzontale, i "campanili aguzzi" e la palude, il castello dei cavalieri teutonici e i "verdi bulbi" delle chiese russe, la "vita del soldato, dritta come un fuso" e il pantano dell'arena politica, e si potrebbe continuare a lungo.
Ci si chiederà, a questo punto, quale sia il senso del volume di Littell. Intanto fornisce informazioni sulle fonti di cui si è servito per far parlare l'ufficiale delle SS (Maximilien Aue) protagonista del suo romanzo Le Benevole e per rappresentare in modo verosimile il conflitto sul fronte orientale utilizzando il punto di vista dei carnefici. Littell ha certamente capitalizzato il successo del suo libro maggiore proponendo all'industria editoriale anche quanto aveva conservato nel cassetto. D'altra parte, l'autore è del tutto consapevole che il suo studio riguarda un solo caso (Degrelle) e che pertanto la campionatura da lui individuata è ridotta e parziale. Ma l'interesse del Secco e l'umido risiede nel dialogo a distanza con le tesi di Theweleit. Il libro di Littell è infatti corredato da un'utile postfazione di Theweleit, che a distanza di più di un trentennio dalla pubblicazione delle sue Männerphantasien vede confermata la sua ipotesi secondo cui esisterebbe una "struttura universale 'del' corpo del maschio-soldato, in altri termini 'del' fascista politico". Tale costituzione produrrebbe una forma di violenza tipica della cultura virile, meglio sarebbe dire fallocratica, in tutte le sue varianti geografiche: da quella europea e americana, a quella islamica e asiatica. I torturatori del mondo intero, come l'uomo nuovo dei fascismi, spostano la "sessualità nel suo complesso dal principio di piacere verso un principio di dolore e di violenza". È un'ipotesi, questa, che Littell ha avuto il merito di riproporre all'attenzione dei lettori.
Pier Carlo Bontempelli

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Conosci l'autore

Jonathan Littell

1967, New York

Scrittore statunitense naturalizzato francese. Attualmente vive a Barcellona.Nato in una famiglia di origine ebraica, emigrata dalla Polonia negli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento, è figlio dello scrittore Robert Littell e ha trascorso l'infanzia in Francia. Dopo tre anni all'università Yale, si reca nei Balcani in conflitto, dove si impegna nell'azione umanitaria per la quale lavorerà sette anni, soprattutto in Bosnia, ma anche in altri luoghi, quali la Cecenia, l'Afghanistan, il Congo. Nel 2001 lascia l'azione umanitaria per dedicarsi alla scrittura del suo primo romanzo, Le Benevole, che affronta il tema della Seconda Guerra mondiale e del fronte orientale, attraverso le memorie immaginarie di un ufficiale SS a cui ha dato il nome di Maximilien Aue. L'opera...

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